Recensioni: Daphne du Maurier, I parassiti, Saggiatore

Daphne du Maurier, I parassiti
Saggiatore, pp. 345, euro 17
Traduzione Marina Morpurgo

Questo romanzo, scritto più di sessant’anni fa, non mostra per niente il segno del tempo trascorso; non fosse che per alcuni particolari che rivelano una vita d’altri tempi – una marea di servitori, nessun riferimento ad aggeggi elettronici per passare il tempo e l’assoluta assenza di riferimenti espliciti alla vita sessuale dei protagonisti – lo si potrebbe leggere come l’avvincente cronaca di un amore fra due persone completamente diverse. Oltre a questo fatto, che già di per sé rende difficile la realizzazione dell’amore, i due personaggi sono anche ‘quasi fratelli’, il che complica ulteriormente il tutto.

I fratelli Delaney sono tre: Maria è la figlia della prima moglie di mr. Delaney; Naill è il figlio del primo marito di mrs Delaney; Celia è la figlia dei due. I signori Delaney sono gente di teatro, danzatrice lei cantante lui, e si esibiscono insieme, riscuotendo un enorme successo. Siamo all’inizio del secolo, l’obbligo scolastico è ancora assolto in maniera individuale, e i tre ragazzi girano l’Europa con i genitori. Poi un brutto giorno la madre muore.

Passano molti anni. Ora, quando inizia il libro, siamo nella casa di campagna dove i tre si ritrovano ogni settimana per trascorrere la domenica insieme; la casa di campagna, per la precisione, è del marito di Maria, Lord Wyndham. Come scopriamo subito, Lord Wyndham non gradisce queste riunioni: torvo, all’inizio del romanzo, definisce i tre dei parassiti, ed esce dalla stanza. Per capire, meglio, per farci capire da dove nasca questa offensiva definizione, i tre ripercorrono con la memoria, in una domenica pomeriggio invernale, la loro storia. Veniamo così introdotti in maniera veramente magistrale all’intreccio dei sentimenti che ha legato i tre fratellastri. Non è ovviamente il caso di svelare la complessa trama del libro, la cui semplice lettura basterebbe a togliere l’etichetta di ‘romantica’ attribuita alla de Maurier, né il finale a sorpresa che in un certo senso rimette le cose al loro posto. L’unica cosa che mi pare il caso di sottolineare è una certa somiglianza, nello stile, ai romanzi di Simenon. Un’estrema minuzia nella descrizione dei luoghi si accompagna ad una fine analisi delle motivazioni dei personaggi, trascurando l’analisi “sociologica” dei tempi in cui si svolgono le vicende, come nella maggior parte dei romanzi del quasi coevo francese. Diamo anche un’occhiata alla biografia della scrittrice (http://en.wikipedia.org/wiki/Daphne_du_Maurier), che mostra i punti di contatto con le vicende dei Parassiti, per giustificare l’impressione di una forte partecipazione emotiva alla vicenda narrata, che diventa una rievocazione delle vicende di famiglia.

La letteratura è il parassita della vita?

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