Carlo Lucarelli, L’ottava vibrazione, Einaudi

Carlo Lucarelli, L’ottava vibrazione
Einaudi, pp. 450, euro 19

Quando si legge un episodio storico nel quale gli italiani hanno avuto una parte preponderante è raro potersi trovare spiazzati dagli eventi. Sembra sempre che i caratteri negativi dell’italico popolo si ripetano, identici a se stessi, in ogni occasione. Anche qui, dove ci viene raccontata la disfatta di Adua (1896) abbiamo il militare inetto che fa carriera perché protetto dalla famiglia (maggiore Flaminio), la moglie che per uccidere il marito instaura una tresca (Cristina), il debole impiegato truffatore ai danni dell’erario che si lascia travolgere dai gorghi della passione (Vittorio Cappa), vari graduati più o meno fastidiosi e, last but not least, indigeni che animano in maniera funzionale alla narrazione i luoghi dove si svolge la vicenda.
Avrete capito, da questa breve apertura, che il giudizio sul libro non è dei più entusiastici. E’ un libro che si lascia leggere, Lucarelli si è sicuramente documentato prime di farlo, e tutto fila alla perfezione: tanto che sai già cosa succederà. E’ ovvio che, se il romanzo è storico, non ti può raccontare che Adua fu un trionfo; sarebbe però interessante trovare dei personaggi che hanno fatto delle cose strane per motivi strani il cui intento è stato però schiacciato dall’ineludibile procedere della Storia.
In verità, questi personaggi ci sono, ma sono i minori, quelli di cui si parla poco. C’è l’anarchico antimilitarista costretto dalla famiglia ad andare in Africa, che cerca di seminare la sedizione tra le truppe, e c’è il pastore analfabeta renitente alla leva – ma in maniera spontanea – mandato a forza nell’esercito del re. Costoro sono interessanti, anche se l’anarchico è più che altro una macchietta, ma non entrano in nessun modo nella dinamica della storia. I loro intenti e quelli della storia marciano su binari differenti.
Quando questo succede, il libro perde di interesse, perché non ha quella struttura unitaria che spinge il lettore avanti per scoprire le intersezioni e i nodi della vicenda. La struttura c’è già, perché la fornisce la Storia, ma non ha niente a che vedere con la struttura letteraria, che è altra cosa e dipende da quella cosa che possiamo chiamare ispirazione. Ma quando questa non c’è, nemmeno un luogo esotico come l’Eritrea, l’ottava vibrazione dell’arcobaleno, può permettere di farne senza.

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