Recensione: Paola Mastrocola, Non so niente di te, Einaudi

Recensione
Paola Mastrocola, Non so niente di te
Einaudi, pp. 330, euro 18.50
L’apertura del romanzo è abbastanza inconsueta. Jeremy sta per tenere una dotta relazione su un algoritmo che lui e il suo amico Filippo hanno scoperto e che potrebbe avere grosse conseguenze nella gestione dell’economia mondiale. Siamo all’università di Oxford. Jeremy è sul palco, ha appena iniziato a parlare quando ecco l’imprevisto: dalla porta entra un gregge di pecore, guidate dall’amico Filippo. Ovviamente il romanzo è il chiarimento del perché e del percome di questa irruzione pecoreccia.
Senza entrare nei dettagli, diciamo che la famiglia di Filippo, una famiglia altolocata, non ha capito niente del figlio e che nemmeno lui, del resto, ha capito molto di sé. Sarà proprio la marcia delle pecore a fargli capire qualcosa e ad indirizzarlo verso un finale che ricorda l’incipit di un vecchio romanzo del miglior Celati. Dire Lunario del paradiso può essere sufficiente.
In definitiva un bel romanzo, sull’incomprensione tra genitori e figli, e sulla via da percorrere per ricomporre questa incomprensione, e sulla constatazione innegabile che ciascuno è responsabile della propria vita e delle proprie scelte.
Un romanzo esistenzialista in quest’epoca nichilista?

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