Recensione: Jaume Cabré, Io confesso

Jaume Cabré
IO CONFESSO
Edizioni Beat, € 14
Traduzione di Stefania Ciminelli

Per parlare di quest’ultimo libro di Jaume Cabré tradotto in Italia credo sia necessario allargare il discorso alla letteratura in generale. Risulterebbe altrimenti difficile afferrare l’intento artistico di questo eccezionale lavoro, già impegnativo per quanto riguarda il semplice intento narrativo.
Diciamo che la letteratura ha svolto, più o meno bene, con maggiore o minore onestà, il compito di raccontare il mondo dell’uomo all’uomo che non riesce a vedere questo mondo. Più è cresciuta la complessità da rappresentare, più l’artista ha cercato di inventare nuovi strumenti di narrazione. Se facciamo coincidere l’inizio con il romanzo di Cervantes, l’intento dello scrittore è chiaro. Però, più passano gli anni più diventa difficile per l’autore esprimere con chiarezza una realtà che diventa sempre più complessa. Nasce così intorno all’inizio del ‘900 il flusso di coscienza. Lo scrittore mette sulla carta le immagini che scorrono in maniera continua nella coscienza del suo protagonista cercando in questo modo di cogliere l’essenza del mondo, prendendo il protagonista stesso in quanto Modello dell’Uomo. I successi di questo approccio sono stati molteplici. Cabré cerca di raggiungere un ulteriore livello, spostando il flusso di coscienza nella mente del narratore invece che nelle parole del soggetto narrato. Scopo dello scrittore non è più rendere l’oggettività del mondo – perché questa oggettività non esiste più – bensì la pluralità dei pensieri possibili sul mondo. Si ottiene così un’immediatezza più marcata, che è garanzia di un maggiore coinvolgimento del lettore, a patto ovviamente che il lettore stesso mantenga ben chiari in mente i dettagli della storia.
Che è presto detta: ci sono delle famiglie in lite nei Pirenei e ci scappa il morto senonché siamo intorno agli inizi del 1700 e quindi l’assassino, un tagliatore di legni per violini, riesce a fuggire ed a far perdere (crede lui) le sue tracce. Adriá Ardevol è il figlio di un antiquario che ha avuto a che fare con i nazisti, per via di beni trafugati agli ebrei. Felix ha estorto ad un gerarca nazista un prezioso violino della liuteria Storioni, il Vial, realizzato agli inizi della carriera di Lorenzo Storioni (1775), ma questo violino provoca una lunga scia di morti. Bernat cresce con Adriá e diventa violinista, mentre Adriá, disobbedendo al padre, che comunque muore in circostanze oscure, diventa un intellettuale noto nel mondo per i suoi lavori sulla storia della cultura, sulle sue trasformazioni, ed ecco che il violino, che è rimasto nelle sue mani per via di rocambolesche promesse di ragazzi, diventa il casus belli attorno a cui la storia d’amore di Adriá e Sara rischia di naufragare. Si deve infatti sapere che Sara, com’è facile intuire dal nome, è figlia di ebrei e la sua famiglia non vede di buon occhio il rapporto con il figlio dell’antiquario, noto per la sua crudeltà negli affari sulla pelle degli ebrei fuggitivi.
Questa, grosso modo, è la storia, riassunta nelle linee principali. I piani narrativi sono molti, tutti legati alla perfezione, e ci vengono presentati per lo più attraverso le parole di Adriá che sta affrontando una malattia del cervello. Lo stile è quello già noto ai lettori de Le voci del fiume.
Io confesso sono le memorie di un uomo che, di fronte alla malattia che lo porterà alla perdita della memoria e delle capacità intellettuali che sono state la sua peculiarità per tutta la vita – peculiarità dell’occidente illuminista, che le ha avute ed ora le sta perdendo – decide di difendersi nell’unico modo che può, tramite la scrittura. È perfettamente consapevole del destino che lo attende e, a differenza di Barney che scrive un romanzo d’amore per Miriam – mia adorata Miriam – nella speranza che lei ritorni e restando inconsapevole del fatto che la malattia lo sta staccando dal mondo, Adriá sa che non vi è nessuna speranza. Ma nonostante questo scrive, perché la testimonianza, indipendentemente da chi ne sia l’autore, non muore mai.
Questo è il senso della letteratura?

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