Recensione: Mordecai Richler, La versione di Barney, Adelphi

Mordecai Richler, La versione di Barney

Adelphi, euro 18, pp. 484

traduzione Matteo Codignola

Il poliziotto incaricato dell’indagine sul delitto di cui Barney è accusato si trova al cottage con Miriam e l’accusato stesso. “Rivelando una sorprendete vena poetica, O’Hearne, senza togliermi gli occhi di dosso, indicò gli alberi e azzardò: “Chissà cosa direbbero quegli olmi, se potessero parlare.” “Be’, facile, O’Hearne” rispose Miriam “Direbbero: veramente siamo aceri.”

Purtroppo la sintesi assoluta non è possibile e non è quindi possibile sintetizzare in una frase tutta l’intelligenza, l’ironia, il benevolo cinismo e l’umanità che questo strepitoso libro contiene. La sensazione personale, giunto al termine della storia, è il rimpianto di averla finita e non poterla iniziare di nuovo. Tanto sono rimasto stupito di fronte alle vicende di Barney Panofsky, le sue tre mogli ed i suoi amici intellettuali.

Il libro è scritto in prima persona da Barney per rispondere ad un romanzo verità di un conoscente, Terry Mc Iver, nel quale lui ed il suo amico del cuore, Boogie, vengono descritti in maniera non proprio idilliaca. Ma questo è solo un casus belli. La narrazione prende velocemente la mano a Barney che ci trascina nel suo mondo, un mondo dove la cultura ed il cinismo si sposano con risultati eccezionali.

Seguiamo quindi Barney in Francia, subito dopo la fine della seconda guerra, con Boogie, Terry e vari altri artisti. Qui conosce e sposa Clara, la prima moglie, che muore suicida. Tornato in Canada conosce e sposa una ragazza della ricca borghesia ebrea, la Seconda signora Panofsky.

Ma lui, figlio del popolo, non c’azzecca con chi è troppo su (il primo incontro tra Barney ed i suoceri è da piegarsi in due) tanto che, al ricevimento del matrimonio – altra scena da non perdere – vede la donna che amerà per i successivi trentun anni: Miriam, mia adorata Miriam. Nel finale, tra le righe, c’è la soluzione dell’omicidio di cui Barney venne accusato quando era sposato alla seconda signora Panofsky.

Quello che succede tra la Francia e la vendita della casa in cui Barney ha vissuto i trent’anni più felici della sua vita – vendita fatta controvoglia, perché Barney voleva evitare che gli scaffali suoi e di Miriam fossero occupati dall’opera omnia di Sidney Sheldon o Tom Clancy, le letture preferite di donne in carriera ed agenti di borsa – non si può raccontare nel dettaglio, per lo stesso motivo per cui non ha senso stendere una mappa 1:1 di un territorio (cfr. Umberto eco, Secondo Diario Minimo). Vi divertirete molto di più percorrendo personalmente questa strada che non a farvela spiegare, anche perché spesso le spiegazioni non sono affatto chiare.

Tanta è la chiarezza che sprigiona dalla pagine di questo libro da far temere possa offendere il lettore manierato, quello che si aspetta che l’intelligenza non oltrepassi mai i limiti del buongusto. Barney è tanto sincero con se stesso e con i lettori da riconoscere che questo confine non esiste, perché “la vita è assurda e nessuno di noi, in pratica, capisce gli altri.” Tranne: Miriam, mia adorata Miriam. Un romanzo d’amore.

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