Don Winslow, L’inverno di Frankie Machine, Einaudi

Don Winslow, L’inverno di Frankie Machine

Einaudi, pp. 320, euro 16

Traduzione Giuseppe Costigliola

 

La vita di Frankie Machianno è quella che in tanti vorrebbero fare. Proprietario di un negozio di pesca sul molo di San Diego, ma trafficone nel ramo ittico in generale, Frankie ha una bella figlia, Jill, avuta dalla ex moglie e una splendida compagna, Donna, che tratta con la cura che lo chef d’alto bordo riserva ad una cena speciale. Ha un amico poliziotto con cui parla di surf in riva al mare e un sacco di piccole cose gradevoli che rendono interessante essere un sessantaduenne.

Ma Frankie ha anche un passato, che torna a ghermirlo con la richiesta di fungere da mediatore per uno sgarro compiuto all’interno della mala italo americana; la richiesta si rivela però un tranello – e un tentato omicidio – sventato il quale Frankie si trova costretto a darsi alla macchia con la preoccupante consapevolezza di essere nel mirino di un’organizzazione più forte di lui. Il nostro è però uomo dalle mille risorse. Nel suo appartamento, di cui nessuno conosce l’esistenza, ed è opportunamente attrezzato con soldi e documenti falsi, si rimette in sesto e parte per cercare di trovare chi gli vuol fare la pelle.

Da questo punto il romanzo si snoda con un’avvincente prevedibilità tra gli anni di formazione del mafioso/killer più temuto del giro ed il suo periglioso presente fino all’ovvio lieto fine, che vede il bene trionfare e le amicizie che contano farsi valere.

Quanto precede potrebbe chiudere il discorso su questo gradevole romanzetto d’intrattenimento, scritto da uno che ha molto mestiere e che probabilmente già sapeva che il libro sarebbe diventato un film. Occorre però soffermarsi un momento sul rapporto odierno tra letteratura e cinema per capire come non sia più vero che la vita imita l’arte, ché ormai l’arte disconosce la vita e punta alla televisione.

L’intrinseca cinematografabilità di questo libro lo portano automaticamente nella fascia bassa della letteratura, come s’è detto. Dato che il film sarà interpretato da De Niro, può persino accadere che il film sia più bello del libro, cosa che, come tutti sanno, non capita mai se il libro è di spessore. Ciò si deve al fatto che nella letteratura vi è qualcosa che va oltre la rappresentazione, non è cioè in essa tutto riducibile ad una superficie da guardare: vi è uno spessore, appunto, che il nostro Winslown con molta onestà non si sforza nemmeno di imitare. La storia è completamente di superficie con una sommatoria di luoghi comuni che tolgono qualunque sforzo al lettore. Il malavitoso che cerca di tornare alla vita normale ma viene ripreso dalle spire del passato è uno dei luoghi più abusati dalla filmografia sui gangster; il buon F. Machine – Machine perché è una macchina per uccidere – è addirittura buono, umano, altruista, rispettoso delle regole della mafia – solo alla fine, per salvarsi il culo, farà la spia – e verrà tradito da tutti, anche dalla donna che ama: non ci si può più fidare di nessuno. In un paio di occasioni sta per morire ma si salva con risorse fisiche che nemmeno un ventenne in perfetto stato potrebbe sfoggiare. E’ spiritoso e cinico al punto giusto, e quando uccide lo fa solo perché costretto; gli spiace anche.

Se da un lato l’artificiosità del romanzo lo condanna alla fascia bassa, dall’altro lo salva perché solo in ciò che è consapevole della sua artificialità vi può essere del vero, dato che non esiste un mondo naturale da raggiungere.

Il romanzo inizia sulle spiagge della Florida e finisce in un’isola delle Haway.

L’inverno di Frankie Machine è dialetticamente unito alla sua eterna ricerca dell’estate.

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