Recensione: Kjell Westö, Miraggio 1938

20170328123338_276_cover_altaKjell Westö
MIRAGGIO 1938
Edizioni Iperborea, pp. 409, € 18,50
Traduzione Laura Cangemi

Confesso che non sapevo nulla della travagliata storia della Finlandia, prima provincia svedese passata poi alla Russia e poi devastata da una guerra civile tra bianchi e rossi. Questa storia è accennata dal particolare punto di vista, dialettico, dell’avvocato Claes Thune e della sua segretaria appena assunta Mathilda Wiik. Mathila,  si capisce subito, ha un passato doloroso che interferisce sulla sua stabilità emotiva. L’avvocato, d’altro canto, è appena stato lasciato dalla moglie, uno spirito libero nell’Europa a cavallo tra le due guerre. Anche la sua emotività non è certo delle migliori.Il modo in cui queste due persone entreranno in relazione non è quello che può supporre uno smaliziato europeo del XXI secolo; ricordiamo che siamo in Finlandia nel 1938, un’epoca in cui la divisione di classe aveva ancora un significato. A questo dettaglio, si aggiunge la vicenda, storicamente certificata, che accorse al nipote di uno degli amici intimi di Thune. Abraham Tokazier, questo è il nome del nipote, venne estromesso dai giochi olimpici che si sarebbero dovuti tenere a Helsinki nel ’40 – saranno ricuperati nel ’52 – perché ebreo. Questo fatto serve a ricreare il clima di quegli anni in Finlandia, con il rampante nazismo che schiacciava sotto di sé le richieste di correttezza e garbo dei liberali vecchio stampo, come il nostro avvocato. Le dimensioni sociale e personale si rincorrono così fino al tragico finale – un po’ troppo repentino – ma tant’è. Restiamo con l’avvocato, dubbioso su quello che è successo, ignaro di quello che succederà, emblema della borghesia liberale che stava per consegnare l’Europa e il mondo intero a sette anni di guerra e atrocità; ma davvero credevano fosse un miraggio?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *