Edward Luce
IL TRAMONTO DEL LIBERALISMO OCCIDENTALE
Edizioni Einaudi, pp. 215, € 17,00
Traduzione Chiara Melloni
Penso che avercela con Donald Trump sia cosa buona e giusta, ma per quanto io possa pensar male di Donald non è niente in confronto a quello che pensa l’autore di questo libro, che in quanto libro si legge alla svelta, soprattutto se siete d’accordo con lui nell’avercela con Donald. Questo libro, oltre che rinfocolare il vostro odio nei confronti del leader più miope della storia dell’occidente, affermazione forse un po’ esagerata questa, visto che anche noi italiani in quanto italiani a leader miopi non scherziamo, è una ricchissima fonte di citazioni, potreste leggerlo per fare una raccolta di frasi ad effetto, da buttare lì quando siete in un gruppo di amici, se avete degli amici.
Iniziamo quindi riferendoci a pagina 29 quando Luce dice: “La vittoria di Donald Trump cristallizza l’incapacità dell’occidente di affrontare la realtà che ha davanti a sé.” che non è indifferente come frase, significa in effetti che l’occidente, che è rappresentato dagli Stati Uniti, che sono rappresentati da Donald Trump non vogliono affrontare in maniera globale i problemi del mondo, preferiscono infatti un approccio locale, e allora andrà a finire che del mondo, globalmente inteso, se ne occuperà qualcun altro, e questo qualcun altro sono la Cina e la Russia, i cui leader sono un po’ meno miopi e soprattutto non hanno il problema di dover far finta di gestire le cose secondo le regole della democrazia. La democrazia è parte fondamentale del liberalismo occidentale, ma comporta dei problemi nella sua applicazione, problemi che l’occidente ha imparato ad evitare adottando un sistema di gestione cripto oligarchico, che è una parola che non so se esiste, e in effetti la scrivo staccata perché le due parole esistono separatamente, ma che, in quanto parola, sta a significare che i pochi comandano in maniera nascosta, cioè chi comanda muove le leve del comando senza farsi vedere, e noi, che vediamo solo gli effetti di queste mosse, non sappiamo più con chi prendercela, ce la prendiamo con tutti o con nessuno e ecco, allora, che salta fuori il disimpegno, che è un grande nemico del liberalismo occidentale. Per non dare l’impressione che stia dicendo cose che penso io senza una pezza giustificativa, ecco qualche altro brano del libro di Luce che dice: “L’amarezza dell’Occidente ha più a che fare con la psicologia delle aspettative deluse che con il declino dei confort materiali” (p. 35), e poi “Come nelle società agnostiche la voglia di partecipare al culto cala, così nelle economie stagnanti la voglia di lavorare cala” (p. 37) e poi “Il capitalismo funziona meglio in società tra i cui membri esiste un elevato livello di fiducia” (p. 39). Il tramonto del liberalismo occidentale, che è il titolo di questo libro, ha a che fare con il fatto che il liberalismo prometteva sorti progressive e qualcos’altro per tutti, ma in effetti si è rivelato essere il grado di garantirle solo a qualcuno, mentre la maggioranza sta sprofondando verso condizioni di vita medioevali, anche se questa frase è un’esagerazione, perché si rifà al concetto di aspettative deluse di cui sopra.
Se voi siete degli americani bianchi i cui genitori erano americani bianchi cresciuto durante gli anni del dopoguerra, che sono stati gli anni della realizzazione del sogno del liberalismo occidentale, e adesso siete degli americani bianchi che vivono ogni giorno con la paura di perdere il lavoro, e quindi perdere la casa e quindi gli amici, begli amici comunque, e un sacco di altre cose, tutte importantissime per vivere all’interno del liberalismo occidentale, ecco allora che siete diventati degli americani bianchi che dopo aver votato Obama siete pronti per votare Trump. In effetti questa cosa pochissimi commentatori politici l’avevano capita, prima delle elezioni, da cui segue lo sconcerto dopo, ma che ora, andando a guardare i dati elettorali, appare ovvia, questa cosa, ovvero la polarizzazione del voto. Tutte le grandi città, quella più liberali, più impregnate dei concetti base del liberalismo occidentale, hanno votato per la Clinton, anche se stava antipatica a tutti ed anche se il suo programma non era un programma ma un insieme di ricette ad hoc abbastanza arzigogolate da lasciare il dubbio se sarebbero mai state applicate, mentre nella cosiddetta periferia ha stravinto Trump. Sempre per dimostrare che il libro l’ho letto, ecco un altro pezzo dove Luce dice: “Le città globali occidentali sono isole tropicali circondate da oceani di risentimento” (p. 53). Teniamo ben presente il concetto di risentimento, che spiega gran parte delle scelte politiche dei cittadini, che in uno stato di vero liberalismo occidentale dovrebbero essere guidate dalla ragione, mentre da noi sono guidate dal risentimento.
A questo punto ci sono una ventina di pagine che salto, dove Luce parla male delle elite, che sono in pratica quelli che comandano, anche se c’è una bella frase che metto per arricchire la vostra raccolta di frasi ad effetto da citare con gli amici, ed è “Elite di tutto il mondo, unitevi! Avete tutto da perdere” (p. 71), frase che mostra sia quanto poco Marx avesse capito di quello che sarebbe successo sia quanto poco chi comanda si preoccupi dei comandati, per arrivare a pagina 75, dove un’altra frase getta uno squarcio di luce, non l’autore ma quella che illumina, sul problema: “Dani Rodrik (…) parla di un trilemma globale; non possiamo perseguire simultaneamente la democrazia, l’autodeterminazione nazionale e la globalizzazione economica” (p. 75). La democrazia è lo scopo del liberalismo puro, ammesso e non concesso che sia mai esistito, l’autodeterminazione nazionale è quello di Trump e la globalizzazione dalle elite che non si preoccupano dei poveracci dei loro paesi d’origine ma solo di andare in vacanza tutti insieme, tutti quelli dell’elite, in posti bellissimi che anche noi, invidiosi e biliosi, vorremmo andarci, ma così, tanto per vedere l’effetto che fa, però non riusciamo perché le elite hanno creato un sistema di difesa dei propri interessi e del proprio habitat, anche se così facendo hanno provocato il crollo della democrazia e l’emergere di alternative populiste che vogliono combattere il libero mercato. Sempre citando Luce, ecco la frase con cui termina la prima parte, la parte dove analizza lo stato delle cose: “Le elite mondiali hanno contribuito a provocare ciò di cui avevano paura: una rivolta populista contro l’economia mondiale” (p. 76).
A questo punto dovrebbe essere chiaro, almeno per me è chiaro e spero lo sia anche per voi, che il liberalismo è il vero volto della democrazia, dato che attraverso un liberalismo puro sarebbe possibile un confronto tra individui e non tra blocchi di potere, lobbies e altre aggregazioni che fanno gli interessi delle elite o dei localisti, ma questa è un’utopia, è cioè un luogo che non esiste, storicamente il liberalismo scivola nel lobbismo che a sua volta scivola nella globalizzazione o nel localismo, ma tant’è, c’è poco da fare, siamo fatti così. E il liberalismo ovvero la democrazia, per quanto noi che viviamo nell’occidente ricco e democratico non ce ne accorgiamo, perché i nostri mezzi di informazione non ce lo fanno notare e noi non abbiamo la voglia di andarci ad informare, perché anche questo va detto, se ciascuno facesse la parte che gli compete andandosi ad informare e non passasse le ore a giocare con il cellulare o a essere connesso per essere aggiornato sulle ultime novità del proprio gruppo di riferimento, la democrazia ovvero il liberalismo occidentale non si farebbe battere dal localismo e dalla globalizzazione, come in effetti sta avvenendo o come avverrà, probabilmente, sempre più in futuro.
Potremmo dire che la democrazia è uno stato di equilibrio instabile, che si può mantenere solo con un costante movimento in avanti, movimento che però è ora venuto meno, perché non è più chiaro né dove sia davanti né che senso abbia muoversi, e se questa considerazione vi sembra disfattista rientrate nel gruppo di quelli che passano il tempo a guardare il cellulare. La storia ce lo dimostra, come dice a pagina 86 il nostro: “Oggi il mondo ha venticinque democrazie in meno di quante ne avesse al volgere del secolo.” Il crollo delle democrazie, oltre che da Trump, è testimoniato dalla Cina e dalla Russia, come ho detto sopra, ma lo ridico perché in questa seconda parte Luce porta dei dati e fa dei ragionamenti più fini, di geopolitica oserei dire. Ecco altre due frasi per la vostra raccolta: “Dimostrando che la modernizzazione avanzata può essere associata a un regime autoritario, il regime cinese ha dato speranza agli autocrati di ogni paese” (p. 88), e “Sotto la guida della Cina e della Russia, dal 2003 a oggi quasi quaranta paesi hanno imbavagliato o espulso ONG straniere, perlopiù occidentali “(p. 89). Cina e Russia se ne possono fregare sia della democrazia sia del liberalismo, visto che le elite occidentali non difendono le idee dell’occidente ma solo i loro soldi, che sono in effetti un’incarnazione delle loro idee, e quindi elite di tutto il modo unitevi.
Adesso un’altra frase, che non riesco a metter logicamente nel discorso ma che voglio metter comunque perché mi sembra abbastanza cinica per meritare l’attenzione: “Brecht disse una volta: Tutto il potere emana dal popolo. Ma dove va a finire? (p. 91). Brecht è un intellettuale che ha mantenuto una posizione ambigua rispetto al potere, anche se va ricordato che era molto difficile allora avere una posizione netta, soprattutto visto dove viveva lui, che se avevi una posizione netta ti mandavano ai campi di lavoro, e un intellettuale non è che può lavorare, deve pensare e scrivere, che è poi il suo lavoro, tanto invidiato da chi deve lavorare con le mani, ma questa invidia è una cosa d’oggi, ai tempi Brecht era rispettato quasi ovunque, mentre oggi i nostri intellettuali hanno molto meno rispetto da ogni parte, e i motivi di questo minore rispetto hanno a che fare, credo, con il loro palese asservimento al potere, asservimento che si è notato soprattutto dopo l’elezione di Trump, con tutti i commentatori politici, tutta gente che vive in situazioni di assoluta sicurezza e garanzia rispetto al futuro proprio o dei propri familiari, assoluto almeno finché rispettano i comandamenti impliciti di chi si occupa di informazione ufficiale e vuole mantenere il posto anche a scapito della verità, con tutti questi commentatori a dare addosso agli idioti che avevano votato Trump, senza rendersi conto che dare degli idioti agli elettori di Trump significa violare le regole della democrazia. Ecco cosa dice Luce a pagina 102: “Considerare fanatico chiunque abbia votato Donald Trump gli renderà solo il lavoro più facile. Peraltro si dà il caso che sia anche falso. Milioni di persone che nel 2016 hanno votato per Trump nel 2008 avevano votato per Obama. Sono diventati all’improvviso dei miserabili? Una spiegazione migliore è che milioni di americani si siano sentiti lontani da un establishment che ha regolarmente ignorato i loro problemi economici.”
Occorre capire come mai il populismo abbia occupato il posto delle sinistre nella storica battaglia contro le forze globalizzanti delle elite, e sono motivi difficile da affrontare, perché vanno a toccare i presupposti teorici di tutti quelli che si muovono nell’ideale romantico della democrazia, ideale romantico che può sopravvivere solo in posti dove la ricchezza è ancora abbastanza diffusa, e infatti appena la ricchezza inizia a sparire per concentrarsi nelle mani delle elite, anche gli ideali democratici vanno a farsi benedire, e le stesse persone che fino a ieri votavano a sinistra adesso votano a destra, o non vanno a votare, ma senza neanche porsi il problema della coerenza, che è un problema che si possono porre solo i ricchi, che poi anche i ricchi se ne fregano della coerenza se ci devono rimetterci dei soldi. Al riguardo consiglio di leggere la vicenda di un intellettuale francese, Didier Eribon, di cui in questa sede, che sarebbe questa recensione, posso riportare solo le ultime parole di Luce: “Non si tratta solo di disprezzare le nuove destre, populiste o meno. Si tratta di capire perché tanta gente che votava a sinistra ha spostato il proprio voto su movimenti politici che chiaramente contraddicono tutto ciò in cui avevano creduto prima: “Per quanto possa sembrare paradossale, sono convinto che il voto per il fronte nazionale debba essere interpretato, almeno in parte, come l’ultimo ricorso degli ambienti popolari in difesa della loro identità collettiva, di una dignità che oramai sentivano sempre calpestata, proprio da quelli che un tempo li avevano rappresentati e difesi” (pp. 115-116). La democrazia non è un frutto del popolo, ricordiamocelo sempre, ma è il risultato di una spinta ideale ed economica che ha visto coinvolta la fasce medio alta della popolazione della vecchia Europa nel secolo XIX, e qui varrebbe ricordare la frase di Brecht che ho citato prima, anche perché la stessa idea di popolo è un frutto di quel periodo, e quindi il popolo come soggetto agente non è mai esistito, se non forse in un breve periodo nel dopoguerra, ma anche lì chissà, e quindi occorre guardare alle elite per vedere cosa decideranno di fare della democrazia, e se ci guardiamo non ne ricaviamo buoni auspici: “Dalla caduta del muro di Berlino le elite sono diventate via via sempre più scettiche sulla democrazia (…) Occorre sottolineare che l’integrazione europea era parte integrante di un tentativo globale di limitare la volontà popolare” (p. 123). Limitare la volontà popolare per cinesi e russi non è un problema, Trump ci sta provando come pure i plutocrati europei, anche se la Brexit è stata una bella botta, anche lì nessuno ci credeva e anche li nostri esperti hanno mostrato tutta la loro pochezza, è stato un caso esemplare di contrapposizione tra la volontà popolare (brexit) e volontà delle elite (restare in Europa per continuare come se niente fosse).
Le elite però fanno come se niente fosse spendendo un sacco di parole, cercando di convincere la gente che guarda la televisione, quella che legge i giornali, quella che è collegata in rete, che loro stanno facendo tutto il possibile per migliorare lo stato delle cose, cercano, in altre parole, e usare altre parole serve spesso a chiarire i concetti, di far passare tutti quelli che sono al di fuori della loro cerchia per cretini, che in quanto cretini devono fare quello che vien loro detto. Ottengono questo risultato arruolando e pagando una folta schiera di opinionisti ed interpreti che sostengono l’opportunità di votare la Clinton, di non uscire dalla UE, di partecipare di più al processo democratico, rivelando, involontariamente, con la loro insistenza un altro “punto cruciale della crisi dell’Occidente: le nostre società sono divise tra la volontà del popolo e il governo degli esperti” (p. 126). A questo punto saltiamo un altro po’ di pagine dove non ci sono cose particolarmente interessanti e diamo un’altra pillola di saggezza del nostro Luce, ovvero: “Non è necessario bandire i libri, se le persone non li leggono” (p. 135), frase che è molto bella, colpisce e giustifica la divisione di cui sopra, quella tra esperti e popolo, perché gli esperti i libri li leggono e il popolo no, il popolo legge solo dan brown e fabio volo, e anche altri in effetti, ma tutti simili per struttura a dan brown e l’altro,e se le cose stanno così il popolo non può né scegliere né decidere, soprattutto decidere che la scelta, una finta scelta, gli viene ancora lasciata. In assenza di scelta consapevole la democrazia liberale crolla, e viene sostituita da una democrazia illiberale, nozione che appare contraddittoria, ma solo per voi che state leggendo questo pezzo e forse leggerete il libro di Luce, non per quelli che leggono dan brown e fabio volo che il problema neanche se lo pongono. Se la questione delle scelte è completamente in mano alle elite economiche e politiche, di destra e di sinistra, a cui si contrappongono le forze populiste, al popolo, per parlare al popolo, non restano da usare altro che richiami all’identità nazionale, e questa seconda allegra parte si conclude con queste parole: “Bruxelles si è arrogata la maggior parte delle decisioni più importanti, lasciando agli stati membri quasi solo la politica identitaria” (p. 146).
Il fatto che la politica identitaria sia l’ultimo ruolo effettivo riconosciuto alla politica è sotto gli occhi di tutti, di tutti quelli che hanno ancora gli occhi, e ne son rimasti pochini, anche perché a tanti piace avere un’identità da difendere, perché ogni identità implica un nemico, e se c’è un nemico non è mai colpa tua, è sempre colpa degli altri. Bauman ha detto cose illuminanti a questo riguardo, e rimando al nostro sito per chi voglia qualche ulteriore chiarimento, basta mettere Laterza nella casella di ricerca e salta fuori quello che Bauman ha scritto, ha scritto anche per altri editori, ma la tematica della paura sfruttata dalla politica oggi è sviluppato solo nei libri Laterza, in quelli Mulino o Bollati tratta temi più astratti, molto interessanti ma che non entrano nel discorso su Trump. Perché Trump è un maestro ad usare la politica identitaria, ovvero la paura della classe media che teme di diventare classe bassa. Detto questo, che è il succo di tutta la politica trumpiana, il succo di tutto quello che si vede, e quello che non si vede e che è più interessante lo potete trovare in questo libro, andiamo quindi a chiudere questa lunghissima recensione parlando delle parti tre e quattro, dove Luce se la prende garbatamente con Trump, infatti, dice Luce, Trump rappresenta il perfetto uomo politico d’oggi, tutta azione niente pensiero, che il pensiero serve a dare una direzione all’azione, mentre le azioni di Trump, a ben guardare, sembrano completamente causali, non guidate dalla ragione ma in mano al cieco istinto, e allora Luce dice: “Supponiamo che Donadl Trump prenda una pillola che gli dia un improvviso desiderio di conoscenza” (p. 173), frase subdola che lascia intendere che in Trump non ci sia nessun desiderio di conoscenza, il che è forse vero, ma dato che Trump incarna un altro tratto che definisce i politici odierni, ovvero “Tutti i tipi di governo – democratici e autoritari, di stati piccoli come di superpotenze – stanno perdendo la capacità di prevedere gli eventi” (p. 177), ecco dimostrato l’assunto di tutto il libro, ovvero che Trump è perfetto per lasciare andare il mondo in rovina.
La vita politica è oggi descrivibile come un moto browniano (cfr. p. 179), in cui nessuno può prevedere la risultante dello scontro tra tre corpi, ma anche due è un bel casino, finché l’America era un colosso che dava le direttive a tutti si poteva stare tranquilli, ma oggi l’America ha perso questa capacità, e un altro elemento che definisce la crisi del liberalismo occidentale è la crisi nella gestione delle relazioni internazionali, relazioni internazionali che la Cina e la Russia possono cercare di orientare in qualche modo ma che, secondo Luce, precipiteranno in un caos globale, e questo caos globale potrà essere affrontato solo singolarmente, e non serve a niente ricordare che secondo i filosofi antichi i ricchi erano il più grande pericolo per la democrazia, cosa che diceva Aristotele nell’etica e da qualche altra parte anche Platone, oramai i ricchi ci sono, anzi, sembra che diventare ricchi sia l’unico scopo delle persone, e allora usiamo le parole che Luce utilizza per aprire la quarta parete per chiudere questa lunghissima recensione, che sono parole di Hannah Arendt e cioè che “Il perdono è la chiave per l’azione e per la libertà”, due cose che mancano molto al liberalismo occidentale d’oggi, sia l’azione sia la libertà, mentre erano comunissime in quello dei bei tempi andati, la prima (azione) soffocata dalle parole del politicamente corretto e la seconda (libertà) resa invisibile dalle stesse parole, quelle del politicamente corretto, e credo che senza azione e libertà, e gli effetti che l’azione e la libertà, effetti non necessariamente corretti dal punto di vista del politicamente corretto, possono avere sulla società liberale occidentale, il liberalismo dell’occidente sia effettivamente destinato a tramontare, o forse solo a trasformarsi, credo anche questo, a livello di gruppo, pur potendo tranquillamente sopravvivere al livello dell’individuo, un individuo che si attivi per un po’ d’azione e si conceda un po’ di libertà. Perché non bisogna preoccuparsi di tutto quello che succede, soprattutto se quello che succede succede lontano. Che è un po’ come in quel film di Woody Allen, quando la mamma gli dice, un po’ arrabbiata, che non deve preoccuparsi se il mondo può essere distrutto da un asteroide, perché tanto lui vive a Brooklyn.
Se non avete voglia di leggere questo libro, vedetevi almeno un film di Woody Allen.