John Niven
MASCHIO BIANCO ETERO
Edizioni Einaudi, pp. 362, € 18,50
Traduzione Marco Rossari
L’autore di questo romanzo è lo stesso che da molti anni ci diverte con A volte ritorno, la storia di un improbabile ritorno di Gesù in terra ai giorni nostri. Con questo romanzo tenta, parzialmente, di bissare il successo precedente. Ovviamente è difficile bissare un successo, tanto più se l’autore non ha il coraggio necessario, o l’idea vincente fate voi, per produrre qualcosa veramente in grado di lasciare il lettore soddisfatto.
Eppure, il romanzo parte bene. Kennedy Marr è il protagonista; giovin scrittore, con il primo libro sfonda, con i successivi si conferma e riesce ad entrare nel dorato mondo della produzione cinematografica; le sue sceneggiature valgono oro, è conteso e ricercato dai registi più famosi. Di lui si occupano varie persone che, quando il romanzo inizia, lo informano che ha un po’ sforato con le spese. Occorre produrre qualcosa di nuovo per rientrare. Ma Kennedy, originario dell’Inghilterra, sono anni che non scrive più niente di veramente originale e non sa cosa fare. All’improvviso ecco l’occasione che cercava; per sfruttarla occorre rivisitare luoghi, persone e situazioni non proprio ideali, appartenenti al passato che ha cercato in ogni modo di dimenticare. Questa prova, che lo riporterà dall’America all’Inghilterra, durerà un anno e lo vedrà protagonista di ogni genere di eccessi, in un lento procedere verso una fine apparentemente irrinunciabile ma che, alla fine, il nostro scrittore gli eviterà in dieci frettolose paginette. Se si eccettua il deludente finale, tutto il libro è sostenuto da una verve simile a quella del libro precedente e quindi può valere il tempo da dedicare alla lettura.
Benché la figura dello scrittore in crisi d’ispirazione fagocitato dal sistema dello show business sia abbastanza abituale nel mondo contemporaneo, il nostro non è stato capace di attingere gli elementi dalla storia per produrre un finale che fosse in qualche modo credibile, e quindi sorprendente, accontentandosi di non lasciar ballonzolare fili in sospeso delle storie iniziate dall’esuberante protagonista. Tutto finisce bene, come da copione.
Alla fine restiamo dell’idea che siano meglio i libri.