Recensione: John Niven, A volte ritorno

John Niven
A VOLTE RITORNO
Edizioni Einaudi, pp. 381, € 19,00
Traduzione Marco Rossari

Dio è morto, diceva Nietzsche; John Niven invece ci dice che è semplicemente andato in vacanza e, quando torna, è a dir poco incazzato per quello che l’uomo ha combinato nei cinque secoli che è stato via: stragi, campi di concentramento, devastazione dell’ambiente e imbarbarimento dei costumi. Se n’era andato nel Rinascimento, tutto un fiorire di speranze e se ne torna con un sovraffollamento dell’inferno ed un Satana sorridente che lo sfotte per il maggior successo della sua azienda. Occorre rimediare. Convocato un summit con i santi, procede a chiamare suo figlio per conferirgli un secondo incarico. Ma la terra e l’umanità non possono tollerare un governo tecnico, Gesù non è Monti, e quindi lo sfortunato figlio di Dio abbandona il suo angolino di paradiso, dove trascorreva piacevolmente le giornate sballandosi e suonando la chitarra con Jimi Hendrix, per reincarnarsi nella stessa posizione sociale della prima volta.
Dal nulla quindi, cercherà di portare un po’ di senso dell’umanità in un mondo che questo senso pare averlo perso ormai del tutto. Con una veloce escalation che lo porterà alla ribalta televisiva e da lì ad un ranch dove la storia si concluderà, il Gesù di questo secondo avvento ripercorre tutte le tappe del suo omonimo storico, con un extra in paradiso, gentile concessione dell’autore alla necessità di un happy end manifesto e non solo sperato.
Il romanzo è scritto bene, è divertente ed irriverente con misura ed anche se a qualche cattolico estremista – i cattivi del romanzo – daranno fastidio l’eccessiva liberalità di Gesù nell’uso di sostanze psicotrope, il suo linguaggio un po’ troppo disinibito ed il suo amore per il Rock & Roll, la musica del diavolo, ciò non toglie che la storia cerca con semplicità di ribadire che l’unico messaggio del figlio di Dio per l’uomo era: fate i buoni.
Il ritorno di Gesù per ribadire il suo messaggio è un tema ampiamente sfruttato dalla letteratura contemporanea; offre una trama sicura ed il protagonista riesce di solito a riscuotere un certo successo. A memoria ricordo di avere letto almeno tre romanzi con una trama del genere, che però si differenziavano da questo perché Gesù non tornava ad offrirsi in olocausto, ma usciva di scena in maniera meno eclatante del solito lasciando all’uomo il compito di risollevarsi dallo stato di abiezione cui la postmodernità l’ha consegnato.
Ogni storia è un segno del tempo in cui viene narrata.

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