Recensione: Budd Schulberg, Il colosso d’argilla, 66TH A2ND

Titolo orig. The Harder They Fall
66TH A2ND, pp. 411, Euro 20
Traduzione Giuliano Boraso
     I motivi che permettono ad un romanzo di entrare a far parte dei libri che restano sono misteriosi. Non sempre la qualità letteraria gioca un ruolo preponderante, soprattutto per la produzione più recente; essa è sovrabbondante rispetto alle capacità di assorbimento della critica e di ricezione del pubblico. Lo scrittore americano di cui parliamo oggi era già stato segnalato per un altro libro, precedentemente edito da Sellerio. In questo conferma l’impressione positiva che avevamo ricevuto e solleva a maggior ragione interrogativi sui motivi della sua scarsa diffusione. Ma su questo torneremo alla fine.
     Questo è un romanzo sullo sport e sull’industria che gira attorno allo sport. E’ un romanzo che può aiutare a togliere dall’incertezza (?) quanti non sanno bene come valutare le frequenti notizie di irregolarità nell’applicazione dei principi agonistici, olimpionici, che dovrebbero sovrintendere le pratiche sportive. Per essere più precisi, è un romanzo sulla creazione dal nulla di un fenomeno sportivo. Quando dico nulla, intendo veramente il niente. Non ci sono altri termini per descrivere il tentativo compiuto da un boss della malavita di portare sul ring per il titolo mondiale un pastore delle Ande grande e grosso sì, ma con l’indole aggressiva simile a quella dell’amichetto di Heidi.
     Il ragazzone viene scoperto per caso da un piccolo trafficante che gravita attorno ai ring più poveri dell’America; da costui il contratto viene ceduto al grande boss, Nick, che ha le mani in pasta con tutti gli affari illeciti di New York. Nick ha al suo soldo Eddie Lewis, scrittore fallito che però, grazie alla sua preparazione accademica, riesce a vendersi come gestore delle pubbliche relazioni. Sarà attraverso il suo occhio cinico ma colpevolizzante che osserveremo tutta la parabola del ragazzone delle Ande, El Toro Molina, 202 centimetri per 120 chili d’uomo. Da un primo incontro nella periferia dell’impero, comprato da Nick, El Toro giunge ad un passo dallo scontro per il titolo mondiale.
     Un romanzo molto sentito, scritto bene, in modo diretto e poco intellettuale – anche se qua e là si notano citazioni e riferimenti letterari colti – che non ha però fruttato sia in patria sia all’estero una fama duratura al suo autore. A ciò hanno contribuito sicuramente le sue simpatie politiche; è stato infatti messo sotto accusa dalla commissione McCharty nell’America degli anni ’50, ma anche quello sguardo impietoso, cinico come dicevo ma anche colpevolizzante, che getta su tutta la vicenda. E’ difficile che uno scrittore, che costella di sconfitte esistenziali le sue vicende e che sembra attribuire la responsabilità un po’ a tutti, nessuno escluso, riscuota successo presso il grande pubblico.
     Se vuoi avere successo devi mostrare un colosso splendente, anche in similoro, non certo d’argilla.

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