Recensione: Thorkild Hansen, Le isole degli schiavi, Iperborea

Thorkild Hansen, Le isole degli schiavi

Iperborea, pp. 555, euro 19.50

Traduzione Maria Valeria D’Avino

Con questo terzo libro si chiude il ciclo dedicata al commercio degli schiavi gestito dalla Danimarca sulla rotta triangolare; dopo avere visto come gli schiavi erano prelevati (La costa degli schiavi) e trasportati (Le navi degli schiavi) vediamo ora in concreto il loro utilizzo. L’economia delle isole Vergini si resse fino alla fine del secolo XIX sulla canna da zucchero. Lo zucchero prodotto tramite il lavoro quasi gratuito degli schiavi era venduto in tutto il mondo; alla metà dell’ottocento però si affacciò sui mercati internazionali un concorrente, lo zucchero ottenuto dalla barbabietola. Questo determinò un crollo del valore effettivo delle isole vergini e di tutte le proprietà; dopo lunghi tentennamenti, il governo danese riuscì a disfarsi di questo onere vendendole all’America nel 1916 per 25 milioni di dollari. Questa la storia, in breve.

Il dettaglio su cui si costruisce il libro rende il tutto molto più interessante. Lo stile di Hansen ci è già noto e mantiene le aspettative. Sempre pulito e giornalistico, riesce tuttavia a mettere all’attenzione del lettore quei particolari che meritano attenzione. Così la prima rivolta degli schiavi (1733) ci viene presentata sottolineando i motivi che spinsero il capo della rivolta, Kong Juni, a portare avanti il massacro che gettò nel panico i proprietari dell’isola e rimase nelle leggende degli schiavi fino alla liberazione del 1848; non manca la segnalazione del grosso ruolo giocato nella storia delle isole dai gruppi pietisti che si mossero dalla Danimarca per portare il vangelo tra le popolazioni nere. Il loro messaggio, che il dolore sofferto in terra è testimonianza dell’amore di Gesù venne adeguatamente sfruttato dai proprietari per mantenere sotto controllo gli schiavi.

Ma questo controllo ‘religioso’ nulla poté contro l’insorgere delle idee nuove che provenivano dall’Europa, le idee di libertà e diritti dell’uomo. Un despota illuminato, Peter Von Scholten, portò le isole Vergini alla fine della schiavitù. La figura del governatore Von Scholten è il cuore del libro. Generoso e dispotico, altruista ed esibizionista, di carattere franco e poco incline ai compromessi, arrivò giovanissimo alle isole Vergini. Una veloce scalata verso il posto di governatore pare sia stata facilitata da un’imprecisata alleanza con il re, che lui aveva aiutato in una situazione critica nei mari del nord. Comunque sia, una volta arrivato al potere, Peter Von Scholten fece di tutto per permettere una convivenza pacifica tra bianchi e neri, comprendendo che questa convivenza doveva passare attraverso l’acquisizione di più diritti e, soprattutto, più cultura. Per merito suo si attuò quanto promesso dal governo danese prima della fine del XIIX secolo, ovvero le scuole per i figli degli schiavi; a lui si deve una prima forma di affrancamento della schiavitù, ovvero che i figli degli schiavi acquisivano automaticamente lo status di non schiavi; a lui, infine, si deve la concessione effettiva della libertà per tutti nel 1848, quando gli schiavi stavano nuovamente, sul ricordo di Kong Juni, per scatenare la mattanza sulle isole.

Tutto questo, che l’occhio dello storico attuale, democratico e illuminista, non può che vedere di buon occhio, non ricevette un buon giudizio ai tempi; di ritorno in patria, Von Scholten venne accusato di tradimento e riconosciuto colpevole in prima istanza. Pur assolto alla fine, dovette lasciare per sempre le isole che l’avevano visto splendido despota; ma, soprattutto, dovette lasciare la donna per la quale tanto aveva fatto, la mulatta Anna Heegaard.

Dietro alle vicende economiche e di potere, Hansen riesce sempre a fare intravedere quel tanto di umano che rende i personaggi storici simpatici o meno. Così Peter Von Scholten e il nero generale Buddo acquistano una carica umana che spinge il lettore avanti nelle pagine, pur dense ed impegnative, mentre i loro avversari, in particolare il comandante di vascello Irminger, che dalla sua nave, l’Ornen, voleva radere al suolo la città di Fredriksborg occupata dai neri, ricevono il bollo di agenti della restaurazione, di quei retrivi ed ottusi ometti che pullulano nelle stanze del potere; eppure questa è anche la loro storia, perché senza di loro non si sarebbe arrivati alla vendita delle isole. Le generale ostilità degli abitanti per la cessione all’America venne infatti scavalcata bellamente per i soliti motivi finanziari: c’era la guerra e la Danimarca aveva il bilancio in rosso.

Quasi settanta anni dopo la fine della schiavitù, cittadini bianchi e cittadini neri vennero venduti facendo sponda sul possibile interessamento della Germania, con la quale l’America stava per scendere in guerra. Fino alla fine, isole degli schiavi.

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