Recensione: Matilde Serao, Vita e avventure di Riccardo Joanna, Selene

Matilde Serao, Vita e avventure di Riccardo Joanna
Selene, p. 230, euro 14.90
 
E’ impossibile star dietro a tutto. Questo in generale; ancor più però nel settore librario, tanto gravato dalla produzione di oggetti inutili, libri che nessuno leggerà mai o che anche a leggerli non ti fanno sapere niente di nuovo: la sovrabbondanza dell’esistente e di ciò che spinge per giungere all’esistenza – che corrisponde oggi all’avere un minimo di attenzione dal pubblico – si fa sentire. Ben venga allora la riproposta di quello che potrebbe essere definito un classico della letteratura, se fossimo capaci di spingerci oltre la triade Manzoni-Verga-Pirandello; di quello che, per intenderci, quando uscì (1887) Benedetto Croce definì ‘il romanzo del giornalismo italiano’.
Il piccolo Riccardo Joanna, orfano di madre, è affettuosamente allevato dal padre giornalista; ma, le ristrettezze della vita portano il povero Paolo Joanna a morire di stenti. Il piccolo, trovatosi solo, obbedisce al giuramento fatto al padre morente e respingendo quella che sente come la sua vocazione autentica per il giornalismo, si mette a fare l’impiegato; ma l’indole non può essere messa a tacere tanto facilmente. Per quelli che sono i complessi meccanismi della vita, Riccardo che si trova a millantare un ruolo all’interno del giornale si trova poi a ricoprirlo effettivamente.
Qui inizia la vita e le avventure di Riccardo Joanna. Seguendo una parabola abbastanza illuminante su quello che è il carattere dell’informazione in Italia, Joanna diviene prima giornalista effettivo, poi direttore di un piccolo giornale gravato da debiti, poi direttore di un grande giornale molto seguito e alla fine torna al quasi fallimento.
Per il giudizio letterario, diciamo subito che è un libro facile, molto sentimentale, scritto comunque bene, con puntiglio, un libro nel quale la Serao ha messo molta della sua vita. Risultati migliori li otterrà con altri lavori, che ebbero in genere buoni riscontri di pubblico e di critica, che comunque non le consentirono di giungere al nobel per la letteratura per il quale le fu preferita le Deledda, anche per la sua ostilità al nascente regime fascista.
Altro discorso per lo spaccato che offre sulla vita del giornalista. Il buon Riccardo Joanna passa in una trentina d’anni attraverso tutte le incarnazioni possibili dello spirito dello scrittore. Prima raffinato esteta della scrittura, poi pungolo costante contro il potere, poi vittima della tiratura per finire da cinico che conosce tutti gli usi, e gli abusi, della scrittura, che tenta di dissuadere un giovane dal cadere vittima delle sirene che hanno rovinato la sua vita. Discorso quanto mai attuale in un paese in cui l’informazione, quasi completamente ferma all’ultimo stadio della parabola del nostro giornalista, non fa che prestarsi agli abusi del potere.
Possiamo scherzosamente domandarci se la brava Matilde Serao si stia rivoltando nella tomba o se, distaccata come dovremmo essere noi, sorrida.

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