GdA vini #41: Il Gatto e La Volpe

Con enorme piacere vi presentiamo i due nuovi vini dello Spazio Terzo Mondo: sono un bianco e un rosso, leggeri e profumati (qualcuno ha detto “estivi”?), prodotti e imbottigliati dall’Azienda agricola di Daniele Piccinin, produttore di ottimi vini naturali della provincia di Verona. Contestualmente ci pare cosa buona e giusta far partire anche un gruppo d’acquisto, per darvi la possibilità di fare il pieno della vostra cantina per la calda stagione a un prezzo irresistibile.
Col GdA sarà anche possibile acquistare la versione rifermentata del bianco, e riceveremo gli ordini entro lunedì 7 giugno compilando il consueto form a quest’indirizzo: bit.ly/GdAvini41form. Nessun minimo d’ordine, as usual, ma prenotando almeno 12 bottiglie potrete approfittare del nostro collaudato servizio di delivery: il Terzo Mondo Express. Per ogni esigenza scriveteci a caffetteria@spazioterzomondo.com oppure chiamateci in libreria allo 035 290250.

I VINI

Il Gatto
bianco | vol. 11,8%
Bianco fermo da uve chardonnay in prevalenza (oltre il 50%), pinot grigio e una piccola parte di durella (circa il 10%) dell’annata 2020, vinificate in acciaio, acidità fissa 6,2, alcol 11,8%, malolattica svolta, bel colore acceso, marcata mineralità su una base comunque con le sue larghezze e morbidezze.

La Volpe
rosso | vol. 12%
Rosso fermo da uve corbina, molinara, rondinella, turchetta e cabernet sauvignon dell’annata 2020, vinificate in acciaio, contatto sulle bucce non lungo per non estrarre eccessivamente e preservare freschezza e beva, acidità fissa 5,8, alcol 12,0%, malolattica svolta, colore rosa intenso (o rosso scarico), bel frutto su una base fresca e sapida, tannino esile, un rosso estivo da consumare fresco (12-14 gradi)

Il Gatto Mosso
bianco rifermentato | vol. 11,8%
Bianco rifermentato, si tratta di un vino frizzante ottenuto dalla stessa base del bianco fermo rifermentata con il mosto del passito di durella raccolta in surmaturazione e lasciata ad appassire in verticale durante l’inverno, che viene utilizzata anche per la spumantizzazione naturale dell’Arione (il metodo classico di Danielel Piccinin che per l’annata 2020 starà 36 mesi sui lieviti); quindi una rifermentazione completamente naturale senza né lieviti né zuccheri aggiunti.

L’AZIENDA

San Giovanni Ilarione, in provincia di Verona, nella Lessinia, area a nord est di Verona. La viticultura puntella i fianchi delle colline dai 300 ai 500 metri di altezza, terreni molto calcarei (circa il 30% di calcare mediamente nei suoi vigneti) con argilla e terra nera vulcanica.
Daniele Piccinin “nasce” cuoco, per poi gestire la sala: da ristoratore incontra i vini di Angiolino Maule e se ne innamora. Termina l’esperienza di cuoco e inizia il suo percorso nel vino con la collaborazione con Angiolino Maule, dal quale impara le basi e nella cui cantina vinifica le sue prime annate dai vecchi vigneti di famiglia, per poi sviluppare la propria idea e tracciare il suo percorso.
Daniele definisce la sua viticultura semplice e fatta di conoscenza e osservazione: da subito lavora nel pieno rispetto della natura, i vigneti sono circondati da boschi, sferzati dal vento e godono di inclinazioni ed esposizioni che facilitano la luminosità. Le essenze in vigna vengono lasciate crescere spontaneamente limitando l’intervento di sfalcio o trinciatura, e ottenendo una continua vitalità anche durante i mesi più caldi, dove la vita nei suoli diventa difficile. Tra i filari crescono menta, cereali estivi e invernali, piantaggine, acetosella, erba medica e pisello nano. Tutte piante con un ruolo proprio e con fiori propri.
Il suo stile è in continua evoluzione, è partito dalla ricerca della ricchezza dei mosti con lunghi contatti con le bucce per arrivare via via a sole pressature dirette fermentate con pied de couve di soli lieviti indigeni (sostanzialmente qualche cassa delle stesse uve vendemmiate un paio di giorni prima che agiscono da starter per la fermentazione), sempre più verso vini di grande eleganza oltreché vivi ed energici.
Di sé dice: «Trovo difficoltà a descrivermi, vivo con il mio passato da cuoco, quindi il naso e la bocca si è abituati a usarli. Sto vivendo un periodo di profondo cambiamento nei gusti, non tollerò più le cose fatte tanto per fare, credo che il vino sia il frutto della terra senza ombra di dubbio, ma trasformato per mano dell’uomo e qui ci vuole una montagna di conoscenza per arrivare a ottimi risultati. Il mio percorso e di chi collabora con noi è fatto di continue domande, cercando le risposte nella pratica quotidiana. La natura come noi è un processo in continuo mutamento. Ci assecondiamo a lei.»

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