Recensione: Sunjeev Sahota, L’anno dei fuggiaschi

Sunjeev Sahota
L’ANNO DEI FUGGIASCHI
Edizioni Chiarelettere, pp. 506, € 19,00
Traduzione Sara Reggiani

Da ogni luogo è possibile fuggire, ma nessuno fugge volentieri da casa sua. I quattro protagonisti che nel corso di un anno in Inghilterra ci raccontano le loro vite, lo sanno bene. Ancor più difficile poi, è fuggire se il posto in cui ti rechi non ti accoglie. Dei quattro solo Narinder, la ragazza, è legittimamente residente in Inghilterra; gli altri tre arrivano più o meno illegalmente in quel paese per garantire a se stessi e alla loro famiglia un futuro, diverso dalla miseria che in India è in ogni momento in agguato, lo spettro con cui ogni persona deve convivere. Le storie di Tochi, quello che viene definito un chaamar, un paria, è particolarmente esplicita sull’esistenza ancora oggi di una stratificazione sociale fortissima in India. Quello che Narinder, la figlia di una famiglia di integralisti religiosi, farà in quell’anno, segnala la contraddittorietà esistente tra un’idea di società arcaica e la nuova realtà che si apre di fronte agli occhi dei ragazzi che incontrano l’occidente. Avtar e Randeep sono due amici, che inizialmente si aiutano e che poi, per vie diverse, arrivano alla maturità.
Un romanzo molto duro, coinvolgente e ben scritto; pienamente calato nella realtà indiana, zeppo di riferimenti a questioni culturali molto distanti dalla nostre, che rendono talvolta un po’ difficile capire gli impliciti, questo romanzo si fregia, sul retro di copertina, di una nota approvativa di Salman Rushdie che è un buon indice di quello che vi troverete a leggere: se avete già letto libri di Rushdie, questo è sicuramente il vostro. Unica pecca è l’edizione italiana, assolutamente priva di note che facilitino in qualche modo la lettura; ma se avrete la pazienza, e l’umanità, di seguire le vicende dei quattro fuggiaschi, non ve ne pentirete. Così, la prossima volta che sentirete qualcuno dire, aiutiamoli a casa loro…

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