Recensione: Juan Josè Saer, L’indagine, La nuova Frontiera

Juan Josè Saer, L’indagine
La nuova Frontiera, p. 159, euro 15.50
traduzione Gina Maneri
 
Dopo la lettura, possiamo dirci d’accordo con la definizione in quarta di copertina di questo libro: il miglior scrittore della generazione dopo Borges, anche se non abbiamo letto, né noi né l’autore di queste parole, tutti gli scrittori dopo Borges. Stante questa precisazione, Juan Josè Saer non poteva non offrirci un giallo che non è un giallo, un romanzo che ne contiene tre, una storia che non termina con il colpo di scena ma che lascia il desiderio che la scrittura continui. Segno che l’indagine, l’indagare in sé e per sé, che è il tema che lega la vicenda del commissario Morvan e l’amicizia tra Pichon, Tomatis e il giovane Soldi, è una costante della letteratura e, forse, motivo dell’esistenza dell’uomo sulla terra. 

Però, con più modestia, come si addice a tre giovanotti non ancora affermati nel mondo delle lettere, i sunnominati PTS si dirigono alla casa del defunto Washington Noriega per analizzare e, se possibile, trafugare per renderlo di pubblico dominio, uno manoscritto inedito del defunto, gelosamente custodito dalla figlia. Questo inedito parla di due personaggi inventati tratti dal possibile insito nell’Odissea, ovvero un Soldato vecchio e un Soldato giovane. In qualche modo, che solo l’esame del libro può svelare, i due soldati rimandano all’ispettore e al misterioso assassino di 27 vecchiette, crudelmente uccise tra l’undicesimo e il decimo arrondissment di Parigi. Nessuna di queste tre vicende termina compiutamente, lasciando al lettore, come dicevo all’inizio, la porta aperta per iniziare una propria personale indagine: a testimoniare la natura interminabile, della letteratura e dell’indagine.

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