Recensione: Fabrizio Pasanisi, Bert e il Mago, Nutrimenti

Fabrizio Pasanisi, Bert e il Mago
Nutrimenti, pp. 518, euro 22
In quest’epoca di nichilismo dilagante è bello leggere le vite di due persone che hanno creduto in qualcosa. Due persone poi, estremamente importanti per la cultura europea. Bert è infatti Bertolt Brecht, nato ad Augusta nel 1898, mentre il mago è nientemeno che Thomas Mann, nato a Lubecca nel 1875. Le loro vite, più che intrecciarsi, si sono sfiorate, coinvolte entrambe negli orrori del nazismo. Bert e il mago dovettero entrambi lasciare la Germania nel ’33, all’ascesa di Hitler. Si videro poche volte e tutte le volte non riuscirono ad entrare in rapporto. Il carattere bellicoso, irruento di Bertolt mal si accordava al carattere nobile e riservato di Mann. Grande merito quindi all’esordiente Fabrizio Pasanisi che riesce a mantenere viva l’attenzione del lettore per tutta la durata del romanzo.
Non essendoci grossi eventi in comune tra i due, ciò che spicca nella storia sono i diversi atteggiamenti dei due nei confronti della vita e dei fatti storici. La vitalità di Bert, le sua vita privata caotica ed egoistica contrapposta alla posata vita di Mann, una sola donna, moglie e madre di sei figli, e la lotta borghese condotta tutta la vita per reprimere pulsioni inconfessabili. Poi, la storia, il diverso giudizio sulle responsabilità del popolo tedesco nell’avvento del nazismo. Mann, più intransigente, vede la responsabilità di tutti. Il popolo tedesco è nel complesso responsabile di ciò che è successo. Brecht, più umano, meno intransigente, vede la responsabilità gravare sui capi, su coloro che hanno dato gli ordini. E poi scriverà un commiato alla morte di Stalin.
Ciò che comunque dà unità al romanzo al di là delle vicende storiche, e che l’autore è egregiamente in grado di fare emergere, è quello in cui i due scrittori hanno creduto per tutta la vita. Nati sul finire dell’800, entrambi sono portatori di un’idea di cultura come di qualcosa che può ancora muovere l’individuo verso lidi migliori, verso zone più assolate dell’esistenza.
Entrambi sapevano che solo nell’arte, nei migliori prodotti della cultura, può esistere la verità.

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