Thorkild Hansen, La costa degli schiavi, Iperborea

 

Thorkild Hansen, La costa degli schiavi

Iperborea, pp. 382, euro 17.50

Traduzione Maria Valeria D’Avino

 

La storia e la letteratura delle nazioni minori restano quasi sempre sconosciute. I motivi di questo fatto sono evidenti. Oltre al fatto di rappresentare una fetta di mercato irrisorio, gli abitanti delle nazioni minori non hanno una forza economica tale da imporre l’importanza della propria cultura alle nazioni più forti. La globalizzazione segue anche questa strada.

La lettura dei libri, per chi i libri li cerca, permette di sfuggire a questa dinamica. Nel caso in questione, il pregevole lavoro di una casa editrice specializzata nella narrativa del nord europa, l’Iperborea, ci porta a conoscenza di un pezzo di storia sconosciuto: la tratta degli schiavi tra la Danimarca e le isole Antille, passando per la Nuova Guinea.

Questo fu un libro che provocò molto scalpore alla sua uscita in Danimarca nel ’67; e ciò fu per un motivo molto semplice. Ogni nazione ha degli scheletri più o meno nascosti negli armadi; a nessuna nazione piace guardare nella melma ove affondano le sue radici storiche. Invece, questo libro impietoso, fa proprio quello che nessun intellettuale di regime ha il coraggio di fare. Guarda il tappeto della storia e, intuendo che la polvere nascosta sotto è tanta, solleva implacabile un lembo e spazza con l’unico scopo di ristabilire la verità.

E la verità è che la Danimarca, dal 1672 al 1850 gestì, dalle coste della nuova Guinea alle isole delle Indie Occidentali – le attuali Antille – una tratta di schiavi che non era in nulla da meno rispetto a quelle gestite da inglesi e americani. Anche se i danesi possono vantarsi di essere stati la prima nazione ad abolire de lege (1792) la tratta degli schiavi, un osservatore esperto come Hansen ci fa notare che l’abolizione fu, appunto, de lege. De facto essa continuò per altri 58 anni, fino alla cessione della regione e dei relativi forti costruiti sulla costa dalla Danimarca, per agevolare il commercio ovviamente, all’Inghilterra.

In quasi due secoli di storia, Hansen ci mostra alcune figure esemplari e significative. Il modo che ha di mostrarcele è esemplare. Con una scrittura mai polemica né lacrimevole, descrive le agghiaccianti condizioni di vita degli schiavi, i problemi dei colonizzatori, le loro difficoltà d’acclimatamento dovute alla febbre dei tropici, i motivi economici ed ideali che si sono confrontati per oltre 180 anni fino all’abbandono delle terre.

Tutte le persone descritte in questo splendido libro meriterebbero un esame. Mi limito, per motivi di spazio, a segnalare la coppia Isert-Kioge, religioso uno militare l’altro che, pur essendo amici, si trovarono alla fine a difendere posizioni opposte circa la politica da tenere nei confronti dei possedimenti d’oltremare. E poi, l’ultimo comandante del fortino di Cristiansberg, Carstensen. Splendida figura di comandante illuminato, costui cercò di condurre la colonia danese ad un maggiore grado di sviluppo, convinto del dovere morale dei danesi verso quella che, come tutti sapevano, stava per diventare una ex colonia.

A questi europei si intrecciano però le figure minori dei nativi che sono, in misura diversa, corresponsabili ai danesi della sorte di migliaia di uomini morti nelle stive delle navi negriere. Come spiega magnificamente Hansen infatti, i bianchi si limitarono a dare una direzione ad una situazione già esistente. Il ridurre le tribù nemiche in schiavitù era già usanza delle popolazioni locali. All’arrivo degli europei essi impararono ben presto che, in cambio di uomini, si potevano avere fucili e alcool. I danesi costruirono i loro forti all’interno dei quali stavano ad aspettare i prigionieri-schiavi che erano consegnati loro già pronti per essere esportati in America.

Ovviamente non fu tutto così schematico. Gli uomini hanno passioni e ideali, oltre che molle economiche. Si era poi in tempi di comunicazioni molto difficoltose: ci voleva un anno per effettuare il triangolo Danimarca-Guinea-Antille. Il libro è quindi la storia di come tra mille difficoltà questo commercio si affermò, fiorì e giunse al termine.  E’ però anche la storia di un altro triangolo, quello tra interessi economici, diritti umani e ragione politica.

Che è, credo, l’area peggiore nella quale doversi giocare l’esistenza.

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