Recensione: Abdulrazak Gurnah, Il disertore

Abdulrazak Gurnah
IL DISERTORE
Edizioni La nave di Teseo, pp. 390, € 22
Traduzione di Alberto Cristofori

Nelle società africane dominava, e magari domina ancora, la necessità di rispettare regole di comportamento condivise e accettate; i due amori ‘illeciti’ che costituiscono il fulcro della storia si svolgono rispettivamente a fine ‘800 e negli anni ‘60. Questi fatti d’invenzione sono intrecciati alle vicende storiche che videro coinvolto il giovane scrittore, con la rivoluzione che pose fine al sultanato dello Zanzibar e da cui nacque l’attuale stato della Tanzania. Nonostante il titolo, non c’è un disertore al centro delle vicende: un inglese allo stremo delle forze raggiunge un villaggio sulla costa orientale africana e viene soccorso. Il suo ingresso nell’universo chiuso di questo villaggio porterà al primo amore illegale e le conseguenze di questo amore si intrecciano alle vicende dei due fratelli Rashid e Amin che crescono in una Zanzibar che sta per cambiare, come tutto il resto dell’Africa a partire dal secondo dopoguerra.
La scrittura meticolosa del premio Nobel 2021 riesce a ricreare alla perfezione le paure che il rispetto delle regole di convivenza tra uomini e donne generava in chi, di tali regole, iniziava a percepire i limiti. Al lettore occidentale fa specie leggere il destino volontariamente scelto da Amin, che si oppone in qualche modo alla naturalezza delle scelte compiute dalla coppia del primo amore ‘illegale’, segno forse che il disertore non viene dal tempo passato, ma si annida tra di noi, è chi tra di noi il passato rimpiange.

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