Recensione: Sebastiano Vassalli, Comprare il sole, Einaudi

Sebastiano Vassalli, Comprare il sole

Einaudi, pp. 180, euro 18

Pur raccontata a mo’ di fiaba, in questa storia non vi è nulla di fantastico; è anzi tutto molto reale, concreto e perciò stesso non può offrire al letture vie di fuga, scappatoie immaginarie alle imposizioni che la materie impone all’uomo. Sebastiano Vassalli racconta una vicenda popolare che mette il popolo di fronte al suo destino governato unicamente dal denaro che, si sa, non appartiene né per origine né per finalità al popolo.

La protagonista, Nadia Motta, è una ragazza piacente di 24 anni che barcamena la sua esistenza tra un fidanzato improponibile (il Babbeo), un madre ex (o post) femminista e un amante lontano, che lei ogni tanto raggiunge di soppiatto con la scusa degli esami da dare all’università presso la quale Alessandro, l’amante di cui sopra, insegna.

Questa vita, un po’ banale e un po’ squallida, viene sconvolta da un’inattesa vincita alla lotteria: 21 milioni e seicentomila euro capitano tra le mani dalla ragazza che con questi soldi crede di poter cambiare il proprio destino; ma, dato che questa fiaba è nei fatti una contro fiaba, il destino che attende Nadia non è quello che lei, in maniera estremamente fumosa, immagina. Alessandro l’ammonisce all’inizio delle sue peripezie della difficoltà. Per chi nasce povero – in tutti i  sensi – è difficile fare la vita da ricco. Nadia però non lo può ascoltare, non capisce nemmeno le parole che le dice, pensa siano frutto dell’invia o della gelosia, e così va incontro inerme al suo destino, come la maggior parte dei poveri: quella parte che vuol vivere come i ricchi.

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