Recensione: Diego Trelles Paz, Il circolo degli scrittori assassini, Gaffi editore

Diego Trelles Paz, Il circolo degli scrittori assassini
Gaffi editore, pp. 312, euro 15.50
Traduzione Emanuela Meregalli
     Lascio queste note acciocché i fortunati, o sfortunati, dipende dai punti di vista, lettori di questa missiva possano dedurre da sé le conseguenze che l’affiliazione intellettuale usata per celare l’interesse ferino per l’oscuro oggetto del desiderio, notevole film di Luis Bunuel, ma in questo caso l’oggetto cui tutti pensate, possono creare.
     Iniziamo dunque con il definire l’accaduto: il povero Garcia Ordonez, detto il cane dai tre più una che hanno cospirato, è stato trovato morto in una camera d’albergo. Morto impiccato, per essere precisi, ed occorre sempre la precisione quando si scrive, come sosteneva Cervantes (anche se in più punti della sua fondamentale opera pare smentire questa affermazione). Dell’accaduto viene incriminato il povero Ganivet, tosto tradotto nelle patrie galere. Da qui, il Ganivet espone nella prima parte del romanzo l’accaduto. Si inizia con il costituirsi del Circolo, associazione intellettualoide di quattro giovani residenti nella squallida capitale del Perù, Lima. Questi quattro sono il succitato Ganivet, il Chato, Larrita e la splendida Casandra. Un quinto para affiliato, se così vogliamo definirlo, è Alejandro Sawa, ovvero io, lo scrittore, l’oscuro artefice della trama che riflette il mondo, come diceva Borges, e che dimostra tutto questo interesse, forse mal riposto, per raccontare con dettagli forse inutili ma letterariamente superbi, perché solo attraverso una superbia calcolata è possibile accedere oltre il velo di Maja, come ha sostenuto fino alla pazzia il povero Nietzche che abbracciò sulla soglia della pazzia il famoso cavallo nella perciò famosa piazza di Torino.
     Insomma, si inizia con il Circolo che si riunisce ogni settimana in un bar della vecchia Lima per apparentemente sostenere tesi intellettuali dirompenti ma, come vedrà chi avrà la pazienza e la fortuna di leggere il romanzo fino alla fine, per portarsi a letto la bella Casandra. Prima Ganivet, poi il Chato, poi Larrita e per finire la sunnominata Casandra, che svelerà il segreto dei segreti, ci racconteranno le attività in cui i soci del circolo si profondevano per attirare su di sé l’attenzione dell’enclave culturale della dittatoriale Lima, appena uscita dal periodo Fujimori, e, attraverso questa, la fama pubblica ed il privato amore della bella. Questo tentativo di acquisire fama, benché destinato al fallimento come tutti i tentativi volontari in tal senso, frutto del calcolo e non della passione che non sa contare, come diceva Pascal, suscita la reazione costipata di un critico letterario, uno di quei loschi figuri che, con la loro rubrica settimanale, si ergono a giudici della cultura. Costui è appunto il Cane; il circolo, esacerbato in tre modi diversi dall’impossibilità d’arrivare alla conquista della bella Casandra, ed ulteriormente esacerbato da una stroncatura che il giornale del Cane aveva espresso nei confronti di una loro fanzine, decide per la soppressione fisica del critico.
     Nei primi tre capitoli i tre poveri aspiranti intellettuali esporranno la loro prospettiva della vicenda che termina con un omicidio, prospettiva che, mancando dell’occhio divino, che solo le donne innamorate ottengono, si riveleranno tutte limitate; solo attraverso la quarta testimonianza, quella di Casandra, si scoprirà chi si nasconde sotto le spoglie di Alejandro Sawa, ovvero la vera identità dello scrittore di questa nota. Questa identità, se la svelassi ora, anticiperebbe tutto il piacere della lettura e, si sa, il piacere anticipato crea solo persone insoddisfatte, come diceva Freud.
     E gli insoddisfatti hanno tutte le carte in regola per diventare assassini; o scrittori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *