Giancarlo De Cataldo, I traditori, Einaudi

Giancarlo De Cataldo, I traditori
Einaudi, pp. 575, euro 21

Dopo l’avvincente esordio di Romanzo Criminale Giancarlo De Cataldo ha prodotto molti altri titoli, nessuno dei quali ha però richiamato la mia attenzione; con quest’ultima prova conferma le mie incertezze – dovute al pregiudizio spesso confermato che la maggior parte degli scrittori sono one-shot – perché la sonnacchiosa cronaca degli anni che hanno portato alla costituzione della Repubblica Italiana, che è l’oggetto della narrazione, è costruita nel tentativo di riprodurre il ben costruito castello narrativo di Romanzo Criminale e, come ogni tentativo di imitazione, non coglie il senso dell’originale.
La storia inizia con la spedizione in Calabria nel 1844 di un gruppo di ‘rivoluzionari’ – che storicamente potrebbero essere i fratelli Bandiera – che termina nel sangue; tra i rivoltosi catturati e condannati a morte figura Lorenzo Vallelaura, figlio ribelle di un nobile veneziano; per aver salva la vita Lorenzo accetta il patto con il diavolo. Diventa una spia per gli austriaci che verrà infiltrata tra le fila dei mazziniani che entro pochi anni compiranno la spedizione dei mille. Ovviamente Lorenzo sente il peso della sua debolezza, del suo tradimento verso i compagni di quella spedizione e percorre tutto il romanzo con questo fardello sulle spalle. Svariati personaggi vengono incrociati nella sua traiettoria; dai nobili inglesi simpatizzanti della spinta rivoluzionaria italiana, ad improbabili sensitive siciliane che frequentano i salotti buoni della nobiltà, fino ai funzionari dello stato sabaudo che cercano di sfruttare la situazione per costituire la tanto agognata unità. In poche parole, un bigino sulla storia degli anni che hanno portato all’unità d’Italia, solo lungo più di cinquecento pagine.
Il problema è che i personaggi hanno poca sostanza; encomiabile l’intento di mostrare, in questi anni che furono il proscenio dell’unità, il cosiddetto ‘carattere nazionale’ già all’opera, con la doppiezza della politica italiana in bella evidenza; un po’ meno apprezzabile il risultato narrativo. Infatti l’autore si limita alla descrizione superficiale di ciò che succede, come se l’evidenza bastasse a spiegare il carattere traditore del politico italiano.
Ciò che questo libro mostra con tutta evidenza è invece la scelta editoriale di offrire al pubblico un prodotto addomesticato, prevedibile, poco capace di stupire ma anche di deludere il lettore qualunque; e quindi potenzialmente più adatto a raggiungere un vasto pubblico.
Non è un tradimento anche questo?

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