Joyce Carol Oates, Sorella, mio unico amore, Mondadori

Joyce Carol Oates, Sorella, mio unico amore
Mondadori, pp. 667, euro 22
Traduzione Giuseppe Costigliola

Ciò che differenzia la letteratura dalla cronaca è la rinuncia a priori del tentativo di riflessione diretta della realtà. Esiste comunque, nella letteratura commerciale, il filone cosiddetto delle ‘storie vere’ in cui fatti drammatici vengono presentati alle casalinghe di Voghera sfruttando il facile sentimentalismo cui queste lettrici spesso e volentieri soggiacciono.

La letteratura di qualità invece non si accontenta di riflettere – che comunque una riflessione diretta e onesta (il dato immediato non esiste) sarebbe un ottimo risultato, anche se poco utile dal punto di vista commerciale, perché la realtà nuda e cruda ha ben poco di sentimentale – ma lavora sulla traduzione ad un livello superiore dei fatti stessi. Detto altrimenti: partendo da un fatto di cronaca, vi racconto quello che succede con i fatti di cronaca. L’invenzione, elemento essenziale dell’arte, deve fondarsi sulla realtà, elemento irrinunciabile dell’arte.

Joyce Carol Oates, scrittrice già nota e affermata, con estrema perizia si dedica all’analisi dell’omicidio irrisolto di JonBenet Ramsey, una bambina di sei anni che nel dicembre del 1996 fu trovata morta nella cantina della casa dei genitori. Le indagini della polizia non portarono a nessun risultato. Attorno al caso si scatenò un circo mediatico pari a quello da noi scatenatosi per l’omicidio di Cogne.

Per raccontare una storia del genere la Oates aveva bisogno di un punto d’appoggio, un elemento d’invenzione che le permettesse di osservare come dall’esterno le dinamiche scatenate da questo omicidio, pur avendo un punto di vista privilegiato. E lo trova, o meglio, se l’inventa, partendo dalla stessa famiglia Ramsey. Il fratello – reale – della piccola JonBenet, Burke, diventa il protagonista – inventato – della storia. Attorno al suo senso di colpa, instillatogli ad arte – si scoprirà alla fine perché – leggiamo i fatti che hanno preceduto l’omicidio – la trasformazione di una bambina di quattro anni in una piccola Barbie, un prodotto commerciale da vendere al pubblico per permettere alla madre di dare un senso alla sua vita – e, soprattutto, quelli che l’hanno seguito.

La vittima ulteriore diventa così il piccolo Skyler – questo è il nome che la Oates inventa per Burke – che impiegherà dieci anni per affrontare e parzialmente risolvere i sensi di colpa legati al dramma familiare che ha vissuto.

Ho trovato in internet l’opinione di una lettrice, che si diceva meravigliata d’avere scoperto che il romanzo non è una storia vera.

Ci sono ancora speranze allora, anche per le casalinghe di Voghera.

Per chi volesse informazioni sul caso di JonBenet Ramsey, di seguito un link molto approfondito:

http://www.trutv.com/library/crime/notorious_murders/famous/ramsey/index_1.html

Per curiosità, la pagina di Wikipedia dedicata alle Casalinghe di Voghera

http://it.wikipedia.org/wiki/Casalinga_di_Voghera

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