Venerdì 30 aprile: lo spettacolo “Giacomo Bertoletti, operaio”.

Venerdì 30 Aprile 2010
ore 21.00 – ingresso libero
presso Spazio Terzo Mondo – Seriate
Una serata per riflettere delle morti sul posto di lavoro
vi invita allo spettacolo teatrale

Comitato Antifascista di Seriate

“Giacomo Bertoletti, operaio”.
…La piccola storia di un operaio qualunque.

a cura di Teatrattivo
di e con Giuseppe Nespoli, regia di Ettore Colombo e Valerio Gatti.

La “piccola storia di un operaio qualunque”: ecco un sottotitolo adatto a questo spettacolo, dove ricostruzione realistica del passato e memoria storica si coniugano con la memoria personale, imponendo una riflessione sul nostro presente, sul come siamo ora. La vicenda è ambientata nella Bergamasca, a metà degli anni ’60, in una grande fabbrica chimica che produce coloranti.
L’intero paese dipende da questo stabilimento, che impiega centinaia e centinaia di operai, gente qualunque, che pensa solo a lavorare per mantenere la famiglia. Siamo ben lontani qui dalla figura dell’operaio-massa, che in quello stesso periodo, nelle grandi fabbriche del nord Italia, inizia a prendere coscienza del proprio ruolo e a contestare l’organizzazione del lavoro. Alla “Chimica”, così la gente chiama il grande complesso che dà da mangiare a tutto il paese, ci sono in prevalenza operai/contadini, che integrano col magro salario quanto riescono a ricavare dal lavoro nei campi. Uno di questi è Giacomo Bertoletti, quattro persone a carico, un passato da emigrante in Svizzera, figlio di una generazione cresciuta tra gli stenti e i sacrifici del mondo contadino e gli orrori della guerra (“Ti ho mai raccontato di quando ero prigioniero degli inglesi in Africa?” dice il protagonista al suo interlocutore, rievocando la sua misera epopea di italiano mandato a difendere i “destini della patria” nel deserto). Attorno a Giacomo ruota un mondo di individui simili a lui, paesani con le stesse passioni e gli stessi desideri, le stesse angosce e gli stessi dolori, spesso connotati da soprannomi coloriti come possono esserli quelli affibbiati dall’umore popolare (uno su tutti: Kruscioff, l’unico sindacalista della fabbrica). Qualche volta alla “Chimica” capitano degli incidenti, un forno che salta e dilania tre operai, “cose che capitano”.
Comunque al funerale c’è tutto il paese a consolare le vedove, con il sindaco

e la direzione della fabbrica in prima fila e il parroco che ha invocato la Provvidenza. Ma c’è anche qualcosa d’altro, assai meno tranquillizzante: parecchi operai cominciano a sentire debolezza, bisogno continuo di andare in bagno, bruciori alla vescica, tracce di sangue nell’urina. Il medico della fabbrica, che è anche medico condotto del paese, minimizza. La realtà si prospetta invece drammatica, chiusa tra il terribile sospetto di avere contratto un male incurabile e la paura di perdere il lavoro alla “Chimica”. Senza mai cadere nel didascalico, la vicenda di Giacomo Bertoletti si inscrive così entro la tragica etichetta delle tante “fabbriche della morte”, che ancora oggi costituiscono un problema irrisolto, ancorché messo in ombra. Gli occhi dello spettatore scrutano da lontano l’ultimo giorno di lavoro del protagonista nello stabilimento, prima della struggente sequenza finale, che costituisce una sorta di epitaffio di un operaio qualunque.

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