Recensione: Andrea Camilleri, La pensione Eva

Andrea Camilleri
LA PENSIONE EVA
Edizioni Sellerio, pp. 211, € 14

Un romanzo di formazione, ma senza il peso del distacco, della perdita. Il giovane Camilleri, Nenè nella storia, ha dodici anni ed è incuriosito da una casa, la pensione Eva, casa nella quale vede sempre tutto chiuso e nessun movimento; un bel mistero in un’epoca (1937) in cui il mondo degli adulti era completamente oscuro per i bambini, dove esisteva ancora una cosa chiamata decenza a cui la famiglia di Camilleri evidentemente teneva molto. Da qui si parte per il viaggio iniziatico di un giovane nel mondo degli adulti: accompagnato da amiche e cugine, Camilleri approderà alla pensione Eva alcuni anni dopo, quando la guerra starà già volgendo alla sconfitta, allo sbarco alleato. E vi approderà nell’unico modo con cui vi può approdare uno scrittore del suo calibro: per il piacere di ascoltare storie. Le puttane della pensione Eva diventeranno amiche e confidenti di Nenè e lo accompagneranno nel ricordo per tutta la vita, tant’è che questo romanzo lo scrisse alla bell’età di ottant’anni. Da segnalare, a rimarcare il valore dello scrittore, la capacità di Camilleri di raccontare questa storia con il tono di un’opera prima, un romanzo sulla scoperta e la sorpresa quando tutto è già stato scoperto e le sorprese sono poche. Il tutto è spiegato nell’intervista introduttiva che D’Orrico fece a Camilleri quando il romanzo fu pubblicato per Mondadori e che ora Sellerio riedita insieme al romanzo.

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