Recensione: Richard Powers, Il sussurro del mondo

Richard Powers
IL SUSSURRO DEL MONDO
Edizioni La nave di Teseo, pp. 658, € 22
Traduzione di Licia Vighi

Il sussurro del mondo è lo spirito vegetale, il legame che unisce gli alberi di ogni continente, che soffia dappertutto e che, in questi anni travagliati per l’ecosistema, sollecita gli otto protagonisti del romanzo a dedicarsi in vario modo alla salvaguardia di questo patrimonio. Dopo la descrizione delle loro vite fatta nelle radici, il tronco si occupa di come alcune di queste vite si incontrano e, entrando a far parte dei movimenti anti sistema che agitarono l’America negli anni ‘70, compiono azioni che determineranno i loro destini nelle due parti successive. La battaglia contro i boscaioli per la difesa della sequoia gigante Mimas e l’attentato contro il progetto per un resort di lusso costituiscono il collante per cinque degli otto, mentre gli altri tre si occupano di videogiochi, ricerche sulla biodiversità e del loro amore contrastato. Nella chioma e nei semi queste tre vicende staccate andranno a finire per conto proprio, mentre i cinque che sono il pezzo forte della narrazione si separano ed il loro destino si compie secondo modalità che si colorano di tonalità melodrammatiche prima, e new age poi.
Un messaggio di speranza, un po’ troppo allineato alla mentalità americana in proposito, ma che forse proprio per questo è valso all’autore il premio Pulitzer nel 2019.

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