Recensione: Ennio Flaiano, Tempo di uccidere

Ennio Flaiano
TEMPO DI UCCIDERE
Edizioni Adelphi, pp. 329, € 19

Ecco qua il vincitore del primo premio strega. A due anni dalla fine della guerra, il giovane Ennio Flaiano, su sollecitazione di Leo Longanesi, scrive una strana storia che parla della guerra d’Etiopia ma solo lateralmente, come se il protagonista, il tenente che incontriamo a bordo strada all’inizio del romanzo, non fosse un invasore giunto in Africa allo scopo di garantire lustro e sorti progressive al regime di Mussolini, ma un gitante che incorre in una serie di disavventure che rallentano il suo meritato ritorno in patria. Questo tenente è una figura in effetti molto italiana, pronto a ogni azione, a ogni compromesso, pur di salvare la pellaccia ed evitare fastidi personali. E così, quando incontra una giovane donna che, nuda nel laghetto, si sta lavando, il nostro ondeggia contrapponendo remore pseudo morali all’istinto; e la facile resa all’istinto è l’inizio di un mese di peregrinazioni e azioni, di omicidi e tentati omicidi, di oscillazioni tra una decadente resa all’Africa e un’orgogliosa affermazione dei doveri del civilizzatore. Ossessionato dall’idea di tornare in patria e dalla paura del ritorno, che crede gravido di conseguenze per sé, il nostro mostra per riflesso del suo comportamento l’indecisione e la stoltezza di un regime che solo battendo gli etiopi nel ‘36 ebbe un breve momento di gloria; solo contro gli africani è tempo di uccidere, per gli altri aspettiamo occasioni più propizie.

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