Recensione: Andrew Ridker, Altruisti

Andrew Ridker
ALTRUISTI
Edizioni Guanda, pp. 366, € 19
Traduzione di Silvia Pareschi

«Romanzo di formazione con morto noto» è in poche parole il sunto di questo pregevole romanzo d’esordio.
La famiglia in questione è composta da due figli e rispettivi genitori. A morire tocca alla madre, come scopriamo quasi subito; ma la madre sarà una presenza costante, con un avanti-indietro nel tempo in cui i due figli, Ethan e Maggie, cercano un punto d’incontro con il padre, il professor Arthur Alter. Costui ha avuto una giovinezza macchiata da un peccato inconfessabile: il suo tentativo di offrire un aiuto alla popolazione povera dello Zimbabwe non ha raggiunto i risultati sperati, come si scoprirà leggendo, e questo ha avuto pesanti ripercussioni sia sull’autostima di Alter sia sulla sua capacità di affrontare in modo maturo il mondo esterno. Francine, la moglie morta, sarà per lui un appiglio alla realtà, fino alla sua scomparsa. Nel presente in cui si svolge la storia Arthur architetta un piano per salvare la sua posizione, precaria dopo la morte di Francine, e mentre noi ne seguiamo il progredire l’autore è molto bravo a illustrarci tutto il passato cui ho accennato.
L’ambientazione ebraica e la cultura di cui il libro si riempie senza mai mostrare cenni di pedanteria o supponenza fanno di questo volume una piacevolissima lettura, che omaggia Roth e Bellow e tutta la tradizione letteraria americana; il libro, però, trattandosi di un romanzo di formazione – i due giovani si devono definire rispetto ai genitori – gode di una sua autonomia e compiutezza che ci permette di crederlo in grado di diventare negli anni a venire un riferimento necessario per chi voglia confrontarsi con questo genere nel prossimo futuro.
Un futuro, ne sono certo, in cui l’altruismo dovrebbe avere un ruolo centrale come nelle vite dei nostri quattro protagonisti.

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