Recensione: Scott Spencer, Una nave di carta

Scott Spencer
UNA NAVE DI CARTA
Edizioni Sellerio, pp. 487, € 17
Traduzione di Laura Briasco

Scott Spencer torna al lettore italiano con un romanzo più recente rispetto a quello con cui Sellerio l’ha presentato nel ‘15, Un amore senza fine. Benché siano passati molti anni dall’esordio (1979) che lo portò alla ribalta della scena letteraria americana, Spencer torna a calcare quel sentiero, come a rimarcare che l’ossessione amorosa è un ottimo strumento per avvincere il lettore. Da questa semplice constatazione ognuno può ricavarne le conclusioni che preferisce.
Siamo negli anni ‘90 e O.J. Simpson è sotto processo per la morte della moglie e del venticinquenne Ronald Lyle Goldman. Kate, la moglie di Daniel, è una scrittrice che si sta occupando del processo e sostiene l’accusa. Hampton e Iris sono una coppia di colore, benestante, e vivono nello stesso paese di Kate e Daniel. Il romanzo inizia ad una festa dove è scomparsa una ragazza cieca, Marie, e Daniel viene messo in coppia con Hampton per trovare la ragazza. Mentre la ricerca della ragazza prosegue, noi siamo portati di poco indietro nel tempo e scopriamo i motivi e le dinamiche che hanno legato Daniel e Iris con un amore che scavalca ogni possibile definizione. Ecco quindi che Spencer riprende le tematiche del suo esordio, intrecciandole alla questione razziale, per offrirci una romanzo profondo e coinvolgente, che invita a riflettere sulla natura insondabile dei rapporti tra le persone. Talvolta amarsi è come viaggiare su una nave di carta, con pochissima possibilità di manovra.

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