Recensione: Benjamin Markovits, Esperimento americano

Benjamin Markovits
ESPERIMENTO AMERICANO
Edizioni 66th and 2nd, pp. 376, € 18,00
Traduzione Gabriella Tonoli

L’America è stata, sicuramente, un continente di esperimenti sociali e questo libro, che non è un gran che come esperimento, nel senso che è molto classico, ha un inizio e una fine, dei personaggi fissi che fanno cose comprensibili e così via, immagina un esperimento più recente, in America, tentato in una città che ha subito un tracollo economico spaventoso dovuto alla crisi della produzione dell’occidente ricco: Detroit. Detta così la faccio un po’ semplice, e volendo la si potrebbe complicare parecchio, ma fatta così semplice mi sembra sia più chiara; sto dicendo, in poche parole, che Detroit è stata il punto di partenza della produzione automobilistica americana, uno dei grandi motori di sviluppo di questo grande paese, che tutte le persone sensate ammirano, ma verso il quale le stesse persone hanno nel contempo un senso di ribrezzo, io ad esempio ogni volta che vedo un film americano e vedo come fanno il caffè mi metto le mani nei capelli, pochi, che mi restano, e come punto di partenza è andata bene, finché la corsa è durata, ma quando la corsa è finita, la città ha subito un tracollo, tanto che nel 2014 ha dovuto dichiarare bancarotta con un debito di 18 miliardi di dollari, mica patatine. È a questo punto, o meglio, poco prima di questo punto, che inizia la storia, storia che vede per protagonista il buon, è proprio il caso di dirlo, Greg Marnier detto Marny, un over trenta che ha avuto una vita un po’ sfortunata, inconcludente direi, come spesso capita alle vite di quelli troppo buoni, e che ora, ora all’inizio del libro, si trova disoccupato, a casa con mamma e papà, lui non lo sa ma stanno per divorziare, e non sa cosa fare. Ed ecco che riceve una chiamata messianica, il suo vecchio amico Robert gli chiede se vuole andare per conto suo a Detroit, in un quartiere che ha appena acquistato – questo ha appena acquistato un quartiere, non stiamo parlando di 50 euro, e quindi sospettiamo subito che questo di soldi ne voglia fare molti –  ad occuparsi di rendere vivo il posto. Non avendo di meglio da fare lui va, anche se un altro motivo è che Robert è sposato a Beatrice che prima di mettersi con Robert forse voleva mettersi con lui e lui sta ancora a pensarci dopo oltre 10 anni, e così inizia la storia, storia che non vi racconto, ma che illustra molto bene diversi aspetti della vita americana che, senza voler fare dei paragoni, sono anche aspetti della nostra, ovvero, in ordine, che le cose dette in ordine stanno meglio, la caratteristica indefinitezza dei lavori nuovi, la difficoltà a definire con chiarezza le relazioni tra le persone, difficoltà dovuta a sua volta alla difficoltà di utilizzare un linguaggio chiaro, il razzismo latente nella società americana/universale, il carattere infido delle situazioni che vanno definite attraverso gli strumenti legali, strumenti tenuti in mano da persone che in linea di massima non hanno la minima idea di una legalità distinta dalle regole, ovvero persone che subordinano l’etica alla morale, e la generale doppiezza di fini del sistema economico americano/universale che promette la felicità del singolo senza dire che quel singolo ha diritto alla felicità solo se appartiene ad una determinata e ristretta cerchia, e, per finire, una storia d’amore che inizia e poi va a finire. Tutti questi aspetti sono messi insieme con una certa maestria, che denota una certa applicazione che forse indica una particolare sensibilità che forse è scivolata anche su quelli della casa editrice che si sono occupati di rendere il libro disponibile al lettore italiano e che hanno scelto una bellissima copertina, che è il motivo principale per cui ho deciso di leggere questo libro.

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