Recensione: Erik Larson, Scia di morte, Neri Pozza

Erik Larson, Scia di morte
Neri Pozza, pp. 430, euro 18
Traduzione Laura Prandino

Il terzo lavoro di Erik Larson pubblicato in Italia ci conferma le notevoli abilità narrative e di ricostruzione storica di questo scrittore. Dopo averci parlato dell’ambasciatore tedesco a Berlino prima della seconda guerra mondiale (Il giardino delle bestie) e della soluzione di un omicidio grazie al telegrafo senza file di Marconi (Guglielmo Marconi e l’omicidio di Cora Crippen) il nostro ci conduce ad indagare la complessa vicenda che portò all’affondamento del Lusitania, il transatlantico inglese che colò a picco a ridosso delle coste irlandesi poco dopo l’inizio della prima guerra mondiale, il 7 Maggio 1915.
Responsabile dell’affondamento, e della morte di 1200 dei 1900 passeggeri fu un sottomarino tedesco, l’U-20. Comandato dal capitano Schwieger questo sottomarino si era già distinto per la mancanza di scrupoli nell’affondare navi passeggeri, contrariamente a tutti i codici d’onore rispettati dai marinai. Larson ci porta all’interno delle due navi per farci penetrare nelle psicologie dei due comandanti e ci descrive con una certa arguzia le possibili manovre politiche che portarono una nave di tale importanza a viaggiare senza scorta; interessi superiori richiedevano l’intervento dell’America al fianco della madrepatria, ma il presidente Wilson non ardeva dalla voglia di schierare l’esercito nella guerra europea. I duecento morti americani possono averlo spinto al passo, a più di un anno di distanza?
Larson non fornisce un’analisi politica, si limita ad accennare a delle possibilità. Ciò che colpisce più di tutto nella lettura del romanzo sono le caratteristiche di navigazione di questi primi sommergibili e la fuga dalla nave dei passeggeri, nei pochi minuti prima dell’affondamento. C’è poi il dettaglio, che solo la lettura può dare, del panico provocato dall’avvicinarsi del siluro alla nave, visto dagli occhi dei superstiti.
Una scia di morte

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