Recensione: Rafael Chirbes, Sulla sponda, Feltrinelli

Rafael Chirbes, Sulla sponda

Feltrinelli, pp. 373, euro 19

Traduzione Pino Cacucci

La partenza lascia pensare di essere nel solito thriller, con l’extracomunitario di turno che trova dei cadaveri in mezzo alla palude, per paura non denuncia il fatto alla polizia e viene quindi trascinato in casini immani. E invece no.

Non a caso infatti il libro ha ricevuto notevoli riconoscimenti in patria, destino raramente riconosciuto alla letteratura di genere. In breve da Ahmed, che trova una jeep con tre cadaveri dentro, si va a conoscere tutta la realtà sociale di provenienza. Il luogo è un’immaginaria cittadina della costa valenciana, Olba. Esteban, l’ex datore di lavoro di Ahmed, ha dovuto chiudere la falegnameria di famiglia per degli investimenti sbagliati, che si sono rivelati meno sicuri di quanto era dato pensare prima dell’arrivo della Crisi. Esteban ha un padre, ormai vecchio, ammutolito e bloccato sulla sedia a rotelle. Questo padre, cui è legato solo dal dovere filiale, è la nemesi di Esteban. La sua vita è stata in toto condizionata dalla freddezza paterna, tornato a casa dopo tre anni di galera sotto Franco per via della sua adesione alla rivolta contro il regime, finita nel ’39 con la caduta di Valencia, capitale della repubblica. Anche la vita amorosa di Esteban non è stata delle più avvincenti. Il suo primo ed unico amore giovanile l’ha lasciato quando ha capito che lui non avrebbe mai abbandonato il paese natio, Olba, per cercar fortuna: la bella Leonor lo lascia per Pedros, suo amico di gioventù, che con la futura famosissima cuoca – due stelle Michelin – parte alla conquista del mondo.

Ora Esteban ha passato i settanta, è sull’orlo della rovina finanziaria, ha un padre invalido a carico e si rende conto che per le persone del paese lui non conta: è invisibile, un cumulo di problemi di cui è meglio non parlare.

Attraverso i pensieri di Esteban, della badante del padre – anche lei licenziata – e degli altri abitanti di questo paesino immaginario ma reale veniamo condotti a capire chi sono i morti all’interno della Jeep, dettaglio abbastanza inessenziale e facilmente intuibile: non è un thriller. Ciò che conta, e che è valso al libro l’ampio plauso ricevuto, è osservare nel dettaglio come la trasformazione economica della società agisca sugli individui trasformandoli umanamente. E noi lettori, come Ahmed, possiamo solo restare a guardare, timorosi di denunciare il fatto.

Sulla sponda.

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