Recensione: Francesco Pecoraro, La vita in tempo di pace, Ponte alle Grazie

Francesco Pecoraro, La vita in tempo di pace
Ponte alle Grazie, pp. 509, euro 16.80
Ivo Brandani è il protagonista unico di questo romanzo. Già in questo elemento di uniprotagonista  si rispecchia uno dei molti scopi dell’autore: rappresentare l’Italia. Un paese che Pecoraro descrive come l’unione casuale di tante singolarità, ciascuna con i propri interessi personali o di clan, incapaci di unirsi per il perseguimento di uno scopo. Un paese che quindi non può crescere in maniera organica ma che si limita a sfruttare l’ordine che lo circonda.
Altri scopi li possiamo elencare in ordine sparso: anzitutto, il rapporto dell’Italiano con il Genitore. Ivo cresce in una famiglia dell’immediato dopoguerra. Occorre rifare la Città di Dio – Roma, come si capisce alla svelta – e i palazzinari si buttano sulla preda. Lo scempio paesaggistico che ne è conseguito lo conosciamo più o meno tutti. Il Genitore, un onesto liberale, scende velocemente a patti con il potere e il piccolo Ivo gradualmente lo svaluta, non lo ritiene più il proprio modello. La perdita del Padre è un elemento cardine del libro. Oltre all’odio graduale per il Padre c’è l’amore incondizionato per la Madre, rifugio e protezione contro l’irrazionalità: di mamma ce n’è una sola.  Abbiamo poi il rapporto dell’Italiano con il lavoro nel pubblico. L’ingresso di Ivo come dirigente in una delle circoscrizioni della Città di Dio è paradigmatico. Prima di questo però, Ivo ha lavorato nel privato, ed anche in questo l’italiano è stereotipico. La vicenda che vede Ivo in barca con il suo capo, il rampante De Klerk, e la sua bella ‘moglie’ Sabina diretti verso le isole dell’Egeo è lo specchio del rapporto che l’Italiano ha con il potere. Prima di doversi accodare al Potere Ivo è stato anche studente, e quindi c’è una parte dedicata ai movimenti degli anni ’70. C’è poi un lungo capitolo, molto lirico e accorato, che Pecoraro lo dedica alla descrizione della Città di Dio con gli occhi di Ivo bambino.
A dominare tutto però, c’è un tema centrale: il mare, e l’estate come unico periodo dell’anno degno d’essere vissuto. Ivo appartiene a quella generazione che poteva fare le vacanze con la famiglia per l’Estate. La scuola finiva il 15 Giungo, si facevano i bagagli e via al mare fino a fine Settembre. Il padre a casa a costruire palazzine. Il mare domestico da bambino e le isole della Grecia da grande.
Tutti questi elementi sono organizzati molto bene nel libro. Sfruttando una modalità narrativa già utilizzata da Naipaul in Una casa per mr. Biswas il romanzo inizia con l’annuncio della conclusione del libro. A capitoli alterni osserviamo Ivo in un aeroporto che attende, inconsapevole del suo destino, di ripartire per l’Italia pensando alla sua vita, e Ivo adulto-bambino che compie tutte le esperienze che abbiamo elencato. Mischiando quindi narrazione in terza persona e riflessioni individuali dirette, Pecoraro ha scritto un ottimo romanzo, che fa pensare.
Fa pensare alla casualità che ha permesso a tutti noi di vivere, e morire, in tempo di pace.

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