Recensione: Giovanni Cocco, Il bacio dell’assunta, Feltrinelli.

Giovanni Cocco, Il bacio dell’assunta
Feltrinelli, pp. 252, euro 17
 
Questa breve nota solo per segnalare che chi si aspettava da Giovanni Cocco il seguito del suo strepitoso esordio (La caduta, Nutrimenti) dovrà aspettare ancora un po’. Qui non c’è altro che una banale storiella ambientata nell’Italia che non c’è più e forse non c’è mai stata. Siamo all’inizio degli anni ’80 sulla costa del lago di Como. In una chiesa viene rubata la statua votiva della madonna, forte simbolo d’aggregazione per la piccola comunità lacustre. Con uno stile che ricorda i romanzi di Vitali – essi pure ambientati sul lago, ma in tutt’altro ambiente storico e con tutt’altra credibilità – Cocco introduce gradualmente una miriade di personaggi da serial televisivo che gravitano attorno al curato del paese, don Luigi, ovviamente il protagonista della storia. Il recupero della statua svelerà l’estremo buon cuore del curato, la malevolenza del politico corrotto di turno, la purezza di sentimenti della maestrina del paese che si innamora dell’anarchico locale e le vicende personali dell’umanità minuta che gravita tra la chiesa e il bar. Un Peppone e Don Camillo cinquant’anni dopo, con Peppone però cattivo a prescindere – la politica è male – e Don Camillo che non risolve la questione con l’intercessione divina, ma scoprendo a mo’ di Sherlock Holmes la piccolezza della gente, che deve purtuttavia sopportare visto il suo mandato divino. Una delusione sia per il contenuto sia per la forma, ma una delusione  che serve a ribadire il concetto che sia gli scrittori sia i loro libri possono facilmente essere risucchiati negli interessi economici della grande macchina dell’industria culturale.
La caduta di Giovanni Cocco.

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