Recensione: Roberto Bolano, Il Terzo Reich, Adelphi

Roberto Bolano, Il Terzo Reich

Adelphi, pp. 325, euro 20

Traduzione Ilide Carmignani

Ogni volta che si legge uno dei tanti romanzi che Bolano ci ha lasciato, si sente il rimpianto per la prematura scomparsa di uno scrittore tanto dotato. Anche se talvolta le sue storie paiono esigue dal punto di vista della trama, del mero aspetto contenutistico, dalla parte della forma, della capacità di centrare con le parole la realtà, Bolano ci porta al livello alto della letteratura.

In questo inedito, pubblicato in Italia sette anni dopo la sua morte, Bolano immagina un austero ragazzo tedesco, Udo Berger, che approda alle spiagge spagnole per una vacanze conla bella Ingeborg. Udo, appena arrivato, inizia a tenere un diario che è il testo che noi leggiamo. Il rapporto tra i due è giovane e all’apparenza solido, ma conoscere un’altra coppia teutonica, Hanna e Charly, aiuta i due a passare meglio il tempo.

Ma in effetti Udo non ha bisogno di essere aiutato a passare il tempo, perché lui sa come occuparlo. Infatti è uno dei maggiori esperti mondiali del Terzo Reich, un gioco da tavolo in cui i giocatori rivisitano le varie tappe della seconda guerra mondiale. Le sue giornate sono così spese tra brevi incursioni sulle spiagge e sedute di studio delle varie strategie di gioco. Succedono intanto alcune cose. Ingeborg diventa apparentemente molto amica di Hanna, i nostri quattro conoscono vari ‘locali’ e Udo inizia a sentire il fascino della proprietaria dell’albergo, Frau Else. A questo punto Charly scompare in mare e le cose iniziano a precipitare; Hanna lascia l’hotel, Udo e Ingeborg litigano, gli spagnoli conosciuti si fanno più presenti nella vita della coppia e, soprattutto, Frau Else mostra un certo interesse per le avances di Udo.

Tra gli spagnoli Udo predilige il Bruciato, l’uomo che gestisce un servizio di pattìni in spiaggia e che si lascia coinvolgere in una partita a Terzo Reich. Lasciando al lettore scoprire come finisce la partita e dove finisce Udo, concentriamo la nostra analisi su due particolari del racconto.

In primo luogo il gioco, che rappresenta il punto centrale del romanzo. Come ne Il gioco delle perle di vetro di Hesse, Bolano non ne descrive mai le regole, però ne parla come se il lettore dovesse automaticamente riconoscerne il senso. Il gioco pervade la mente di Udo, anche quando il rapporto con Ingeborg va bene lui pensa alle strategie e a come la sua vita futura potrà incrociarsi con il gioco. Ma quando Ingeborg se ne va, il gioco prende il sopravvento, insieme alle frustrazioni cui Frau Else sottopone il narratore. La donna è la barriera che separa il gioco dal mondo, senza Inge il gioco piano piano occupa la sua mente tanto che la bella ma irraggiungibile Frau Else sarà occasionalmente scambiata con la meno interessante ma più disponibile cameriera.

E per secondo, l’atmosfera del Terzo Reich. Il lettore è condotto lentamente nel mondo di Udo e della sua fidanzata, poi in quello dei loro amici, poi in quello degli spagnoli, sulla spiaggia e nell’hotel. In queste sfere che piano piano si sovrappongono c’è qualcosa di misterioso, di indefinibile e, in sostanza, di pauroso e intimamente cattivo: come il Terzo Reich. Il punto di vista completamente in prima persona del narratore lascia i motivi che spingono gli altri personaggi all’azione parzialmente in ombra e questo genera paura. Udo sta scrivendo un diario e non lascia molto spazio all’introspezione, si limita al racconto. Si limita quindi all’affermazione, alla registrazione in positivo di ciò che accade, permettendo in tal modo a ciò che non succede ma che potrebbe succedere di presentarsi tutto alle soglie delle menti dei lettori. Anche se alla fine non vi è quasi nulla di irreparabile, la paura e l’incertezza dominano il romanzo.

Si  potrebbe quasi dire che il mondo è una metafora del gioco.

 

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