Barbara Gowdy, Senza via d’uscita, E/O

Barbara Gowdy, Senza via d’uscita
e/o, pp. 299, euro 18
traduzione Claudia Valeria Letizia

Il risultato personale della lettura di un libro come questo, che non entrerà sicuramente tra i classici della letteratura occidentale, è spesso dovuto al caso. In momenti più affannati, con magari più cose da leggere sul comodino, o semplicemente perché annoiato dalla lentezza e dalla prevedibilità, questo libro sarebbe sicuramente tornato in libreria dopo le prime venti pagine; ma, letto invece in un momento di calma, è riuscito a risultare quasi gradevole per la pazienza e capacità con la quale la scrittrice costruisce le quattro personalità dei protagonisti. Poco importa se questi sono assolutamente improbabili, nel senso che si muovono per ragioni poco plausibili. In se stessi sono coerenti e, se si riesce ad escludere qualsiasi riferimento al mondo reale, anche coinvolgenti.
La protagonista principale è Rachel, bambina di nove anni, mulatta e bellissima, che parla e ragiona come una quindicenne; questa bellissima bambina viene rapita da un uomo, Ron, che approfitta di un black-out e la porta via da casa. Ron fa il riparatore di elettrodomestici e nasconde la piccola Rachel in una stanza sotto al suo laboratorio. La stanza è stata preparata per accogliere la bambina in maniera confortevole. Ron è rapitore, pedofilo e buono. La rapisce perché convinto che non stia bene a casa sua, con sua madre – ragazza madre – e per tutta la storia è roso dal senso di colpa per il suo desiderio fisico di vedere e toccare la bambina, che non sfocerà comunque mai in un abuso. Per tenere la bambina segregata coinvolge la sua fidanzata/promessa sposa Nancy. Anche Nancy è preda dei conflitti, tra la fedeltà al suo uomo e il rendersi conto di essere complice di un reato; tra tutti, Nancy è quella più palesemente tonta. C’è per ultima la madre, Celia che, con l’aiuto della polizia e del suo padrone di casa – buonissimo – la cerca per tutta Montreal. Questi quattro personaggi animano tutta la storia, in un crescendo di suspance che ci porta ad un finale dove però non succede praticamente nulla.
Buono l’intento; però l’autrice avrebbe dovuto insistere sull’analisi del passato dei personaggi, che viene fatta solo per piccoli interventi, che sono comunque le parti più interessanti del libro. Ron ha perso la madre da piccolo, Celia ha avuto invece un pessimo rapporto con la madre, Nancy è la sorella sfigata. Ciò contribuisce in parte, ma non abbastanza, a renderli più umani. Le stranezze che tutti e quattro hanno nel rapportarsi alla realtà affondano le radici nel passato, ovvio, ma è appunto quello che ha un senso e che merita di essere osservato, mentre la dinamica del thriller spinge la scrittrice a dilungarsi su analisi psicologiche gratuite che il lettore scorre ma che non lo conducono al finale, che sarebbe potuto accadere 150 pagine prima senza che il libro mutasse più di tanto il suo senso. Eppure si arriva alla fine, così, né schifati né delusi ma nemmeno soddisfatti.
Senza via d’uscita.

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