Recensione: Don Robertson, Il più grande spettacolo del mondo

Don Robertson
IL PIÙ GRANDE SPETTACOLO DEL MONDO
Edizioni Nutrimenti, pp. 276, € 19
Traduzione di Nicola Manuppelli

La vita di Morris Bird III, il ragazzo che abbiamo conosciuto ne La somma e il totale di questo preciso momento, inizia qui la sua marcia nella letteratura che conta, quella che ci si ricorda. Ora ha nove anni e c’è la guerra. Siamo nel 1944 e l’America sta per sconfiggere le forze dell’asse, ma Morris è ancora piccolo e tutta la sua realtà viene filtrata dalla sua età. La sua famiglia è democratica e lui gira per il suo quartiere con la spilla di Roosevelt; è un bambino abbastanza popolare a scuola ma il suo migliore amico non è proprio un leader. Stanley Chaloupka è un bambino un po’ sovrappeso, grande lettore e molto bravo nelle competizioni scolastiche, ma solo in quelle di matematica e lettere, non in quelle sportive: è sempre l’ultima scelta quando si fanno le squadre. Ma, nonostante tutto, è il bambino a cui si sente più legato. Meglio, si sentiva, perché Stanley si è trasferito con al famiglia su una strada lontana sei miglia dalla casa di Morris Bird. Dove averci raccontato la sua vita, Morris arriva al 20 ottobre. Proprio come nel secondo volume, questa giornata rappresenterà un punto di svolta per il protagonista. Sarà anche, inaspettatamente e disastrosamente, una giornata che resterà nella storia di Cleveland; una giornata in cui il più grande spettacolo del mondo dimostrerà cos’è l’onore e il coraggio.

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