Recensione: Santiago Gamboa, Morte di un biografo, e/o

Santiago Gamboa, Morte di un biografo

e/o, pp. 455, euro 19.50

traduzione Raul Schenardi

 Nell’epoca di internet la nozione di biografia attendibile mostra parecchi segni di cedimento. Ciò si deve al proliferare dell’informazione, che rende l’informazione stesse in molti casi dubbia. Se di uno stesso fatto due biografi, per motivi loro, forniscono due interpretazioni diverse, com’è possibile raggiungere la verità? La nozione stessa di verità scompare nel proliferare delle informazioni. Però dobbiamo anche notare che il raccontare storie, magari non sempre attinenti al vero ma, proprio per questo, forse più inclini a essere plasmate ad uso e consumo di narratori ed uditori, è sempre stata un’attività prettamente umana. Dobbiamo tenere presente questo assunto prima di introdurci nell’albergo dove Santiago Gamboa ambiente il suo bellissimo romanzo.

Nell’albergo è stato indetto l’annuale convegno del CIBM (convegno internazionale dei biografi e della memoria) al quale viene invitato anche uno scrittore, il malandato narratore della vicenda. Dopo che lo scrittore ha iniziato a raccontare la sua storia, la trama viene interrotta dalla vicenda di Josè Maturana, che è di fatto una biografia, la storia di Walter de la Salle, il fondatore della chiesa della misericordia, di cui Josè fu uno dei più ferventi seguaci. Le due storie procedono parallele per un buon numero di pagine, finché, dopo aver finito la sua storia, Josè muore: suicidio o omicidio?

Il delitto risveglia il sopito interesse dello scrittore che, aiutato da una giornalista islandese, inizia un’indagine ufficiosa; intanto all’albergo si avvicina il fronte di guerra, perché siamo a Gerusalemme e la città sta per essere presa dagli arabi. Da qui si arriva senza rendersene conto ad un finale estremamente poetico nel quale, dopo morti e distruzione, Gamboa mostra dove si nasconda ancora la speranza.

Per la prima volta nella mia esperienza di lettore mi trovo d’accordo con il giudizio espresso da un giornale sul retro di copertina: “Una sorta di moderno decamerone, un romanzo folle e crepuscolare.” Un ulteriore riferimento però mi pare d’obbligo, ed è alla Montagna incantata di Mann. Come Castorp il narratore giunge esanime al luogo dove si svolge la vicenda e come Castorp ne esce guarito. A differenza di Castorp però, segno che tutta la letteratura scritta da allora a qualcosa è servita, lo scrittore/narratore scappa da una guerra e non vi si getta e, proprio per questo, si mostra più saggio e ‘guarito’.

Questo libro è dedicato alla morte di un biografo, non di un narratore.

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