Recensioni: Calixthe Beyala, ‘La piantagione’, Epochè.

Calixthe Beyala, La piantagione
Epoché, pp. 397, euro 16.50
traduzione Gaia Amaducci

E domani è un altro giorno. Il finale di Via col vento è citato, non a caso, a pagina 274 di questa deliziosa parodia di uno dei capisaldi della letteratura d’evasione per nostalgici dei sentimenti puri e dei bei tempi andati. A dire questa citatissima frase è la zia di Blues, la protagonista della vicenda che, in quattrocento scorrevolissime pagine ci racconta di un episodio storico meno noto e meno cruento della guerra di secessione, ma per molti versi simile.
Pochi, credo, si ricordano che lo Zimbabwe, la ex Rhodesia, acquisisce l’indipendenza negli anni ’80. Percorsi venti faticosi anni sotto la direzione del leader rivoluzionario, Mugabe, il paese si è trovato al passaggio del secolo in uno stato di guerra civile non dichiarata. Per sistemare i suoi amici e placare i ceti meno abbienti, Mugabe mise in atto una politica di espropriazione dei terreni degli ex coloni bianchi. Non avendo a disposizione né un generale Lee né un governo indipendente, i coloni dovettero abbozzare. Il risultato indiretto sono le attuali disastrose condizioni economiche di un paese che, finché l’agricoltura era sorretta da un’organizzazione precisa, garantita dai discendenti del capitano Rhodes, veleggiava tra i meno peggio del continente messo peggio del pianeta.
I numerosi personaggi della vicenda di muovono con destrezza comica; chi alla ricerca dell’amore romantico, chi spinto dal desiderio, chi per brama di potere, ognuno mirando a un obiettivo impreciso. Tutte le variabili motivazioni del comportamento umano trovano espressione in questa vicenda aggrovigliata che pure scorre verso l’epilogo storicamente corretto, che ovviamente non vi rivelo. http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dello_Zimbabwe
Al di là del morfismo con il bast seller di Margareth Mitchell, vale la pena sottolineare come Calixthe Beyala, che già in precedenza avevamo segnalato come scrittrice di sicuro talento, non si accontenta di sciorinare luoghi comuni. Non c’è il nero buono oppresso dall’ex schiavista bianco, ma tutti, bianchi e neri, si macchiano delle manchevolezze tipiche della razza rivale. Basandosi sul citazionismo di buon livello, il libro diventa una feroce satira di costume, oltre che una prognosi abbastanza attendibile di una condizione politica specifica. Il quadro che ne esce non è dei più confortanti per il futuro di questo paese. Cinico quanto basta, Franck, l’innamorato di Blues, può dire alla ragazza: “La democrazia all’Africana è così, bambolina.”
Via col vento.

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