Fabio Metitieri, Il grande inganno del web 2.0, Laterza

 

Fabio Metitieri, Il grande inganno del web 2.0

Laterza, pp. 152 euro 12

 

Il web 2.0, per chi non lo sapesse, è la nuova frontiera dell’informazione, quella che passa per i blog e i social network, quella che pone al suo centro la comunicazione come valore supremo – comunicare sempre e comunque, anche cazzate, ma comunicare – quella che vede con odio il vecchio modo di fare informazione. Si contrappone in modo paradigmatico al web 1.0 nel quale dominavano le informazioni non interattive: le cose stanno così, noi ve le facciamo vedere, voi potete vederle in modo facile ed economico. Fine.

Secondo Fabio Metitieri – morto poco dopo la pubblicazione di questo libro – sotto questa presentazione si cela un inganno. La maggior facilità di disporre dell’informazione non l’ha certo resa più accurata, né, tanto meno, il fatto che essa venga fornita dal basso (ugc, user generated content), dalla miriade di blogger ansiosi di dire la loro su ogni minuzia della vita socio-politica non l’ha resa migliore né, ancor più grave, ha incentivato i fruitori dell’informazione a sviluppare una maggiore criticità. L’informazione si riduce ad un ente in sé, senza più alcun riferimento alla realtà ed in questo modo finisce per cancellare la sua utilità.

Il web ha annullato i criteri di validazione dell’informazione. Possiamo discutere fino a morirne della correttezza dell’informazione vecchio stile, che certamente si è macchiata più volte di subalternità rispetto al potere politico-economico, ma l’eliminazione di tali criteri presa essa stessa a criterio della Nuova Era porta alla perdita di credibilità dell’intero sistema. Metitieri cita diversi casi di cantonate prese dal web che hanno avuto pesanti ricadute sul mondo reale e, per non restare indietro, di erronee informazioni prese dal web e pubblicate sui vecchi canali informativi.

La Stampa nel 2008 pubblicò la notizia che la candidata alla vicepresidenza USA per i repubblicani aveva avuto la prima pagina di Vogue nel 2007, notizia pubblicata con una taglia-incolla dal web, come fu subito denunciato da vari blogger. Una notizia vecchia di sei anni pubblicata sul web provocò pochi anni fa una disastrosa debacle borsistica per una compagnia assicurativa americana

Dietro a tutto questo c’è, secondo Metitieri, l’avanzare della crisi del sistema informativo, un sistema che si basava sul lavoro di molte persone, lavoro che aveva un costo che la società intera finanziava. Oggi invece pare che l’informazione debba essere facilmente disponibile, libera, gratuita come l’aria che respiriamo; ma, proprio come l’aria sta costantemente peggiorando, anche l’informazione, almeno quella direttamente disponibile, sta perdendo terreno in qualità: “Insomma, stiamo assistendo a un riassetto di tutto il settore, in cerca di nuovi modelli per fronteggiare la crisi, ma gli unici risultati, finora, paiono essere una sensibile diminuzione della professionalità e la riduzione dei tempi di lavoro e dei compensi, su tutti i fronti vecchi e nuovi, con un conseguente, progressivo e inevitabile scadimento della qualità dell’informazione” (p. 77). Ad ulteriore conferma di questo stato di cose viene segnalata la trasformazione in atto nelle testate storiche della cultura enciclopedica, come la Larousse e la Britannica che, nel tentativo di attrarre un pubblico più vasto, hanno reso i propri archivi disponibili sul web a costi molto limitati. Il tutto alla disperata ricerca dei link che valgono oro nel mondo 2.0.

Metitieri alla fine del libro si dichiara pessimista circa il futuro dell’informazione. Le sue considerazioni, parziali e settoriali, si inscrivono alla perfezione nel quadro dell’immaturità dilagante che viene incentivata come condizione legittima dell’essere lungo tutta la vita. I blogger, con il loro rifiuto delle regole dell’ordine giornalisti e della firma degli interventi (ci sono i nickname) sarebbero la perfetta espressione di una società che cercasse solo l’affermazione del pensiero infantile; ma, poco prima Metitieri aveva detto che i Blog nostrani più frequentati hanno, se va bene, 500 frequentatori fissi (p. 109) e quindi l’informazione risentirebbe ben poco della loro bassa qualità. Il problema non sono i blog in sé, ma il fatto che il paradigma dei blog è stato ormai recepito, per motivi economici, anche dal quarto e dal quinto potere vecchio stampo. L’informazione di qualità è ora più disponibile e più accurata di una volta per chi voglia spendere il tempo necessario per raccoglierla. Ma si tratta di un lavoro lento, meticoloso ed impegnativo che in pochi oggi – ma forse in ogni tempo – hanno la voglia di fare.

A prescindere dal mio lavoro – con Bradbury penso che solo i libri ci possano salvare – credo che la domanda iniziale di Metitieri: “è spontaneo dunque chiedersi se Google ci renda stupidi” (p. 5), in cui Google in quanto tale non è il soggetto della domanda, possa chiudere questa recensione.

 

 

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