Tirdad Zolghard, Softcore, ISBN

Tirdad Zolghard, Softcore
ISBN, pp. 181, euro 16.50
traduzione Massimo Gardella

Nei tempi lontani in cui nacque, la forma romanzo svolgeva la funzione di rappresentare in maniera indiretta la realtà per renderla più chiara al lettore. Don Chisciotte è il cavaliere senza macchia che rappresenta I Cavalieri Senza Macchia quando costoro stavano iniziando a scomparire. Il romanzo nasce quindi come forma allegorica. Gli scrittori di qualità che si sono succeduti nei secoli, hanno sempre avuto la capacità di riuscire a rappresentare attraverso individui singolari verità generali. Il punto è che questi individui non erano reali in senso stretto. Nessuno può identificare il signor K di Kafka; Stephen Dedalus non è Joyce, perché in tal caso mr. Bloom perderebbe la sua identità; il narratore della Recerche non è Proust che nella vita non avrebbe mai corteggiato Albertine se non per posa e non con la passione e il dolore che le pagine dell’epopea della memoria trasmettono. Per arrivare a tempi più vicini, i protagonisti dei romanzi di David Lodge, oltre ad avere dei tratti particolari, si arricchiscono per il riferimento costante ad altri personaggi che costituiscono il patrimonio comune di chi frequenta da presso la sfera culturale.
In breve, a questi lavori allegorici, s’è affiancata una vasta produzione che io definirei minore, nel senso che non ha questo valore di ‘rischiaramento’ per il lettore ma che svolge la semplice funzione di esprimere un’esperienza particolare, quella dell’autore, che non si fa alcuno scrupolo di comunicare il proprio mondo individuale ad un pubblico più vasto della cerchia ristretta dei familiari, cui un tempo tali esperienze sarebbero rimaste confinate. Non sempre questo mondo individuale viene descritto in maniera diretta e quindi onesta – si pensi ai diari di viaggio dell’ottocento – non sono tutti dei diari questi libri; in alcuni casi lo scrittore cerca di imbastire una trama – la vita non ha una trama, è un flusso; l’analisi strutturale della vita avviene solo nei libri, e dall’analista – per rendere letteraria la sua esperienza, ma il giochetto resta visibile. Da quando il libro è diventato merce di largo consumo si è andata poi affermando la necessità di rendere il consumo possibile per tutti, e quindi basta riferimenti, basta attingere ad un patrimonio comune, visto che ormai ci sono solo patrimoni individuali. Nasce così la letteratura soft, come possiamo chiamarla riferendoci al titolo del libro in esame. Per leggerla basta accettare la rilevanza assoluta dell’esperienza dell’autore, divertirsi per i riferimenti colti ma gratuiti intercalati nelle pagine, non avere altro scopo che far passare il tempo.
Il protagonista del libro è in effetti così, uno che dà la costante impressione di cercare un modo di far passare il tempo; tra Teheran e l’Europa, tra computer, video e telefonini, donne a cui pensa sempre in maniera assolutamente ‘milleriana’ il nostro tenta di aprire un locale alla moda nel cuore della città più teologica del mondo mostrando, in maniera tutto sommato scontata, la corruzione e la secolarizzazione che è penetrata anche nel paese che dei vizi dell’occidente ha sempre proclamato di volersi preservare. Il tutto con una scrittura assolutamente scialba e terra terra, minimalista in maniera fastidiosa e tanto auto compiaciuta da farti addormentare. Il Nostro del resto si occupa d’arte contemporanea e da questo punto di vista il suo libro è perfettamente coerente. Un bell’esempio del nostro (fintissimo) mondo. Soft.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *