Recensione: Gianfrancesco Turano, Contrada Armacà, Chiarelettere

Gianfrancesco Turano, Contrada Armacà
Chiarelettere, pp. 279, euro 16.90
 
Questo libro riesce a realizzare lo scopo per il quale è stato scritto: descrivere al lettore qualunque le modalità di funzionamento ed il clima culturale creato dalla ‘ndrangheta nella città per antonomasia occupata da detta associazione: Reggio Calabria.
Il romanzo inizia con un omicidio, cosa non inusuale a Reggio. E’, il morto, un parente del professor Malara, uomo già colpito dalle modalità spicce di amministrare la giustizia da parte della ‘ndrangheta; vent’anni prima ha perso il figlio ventenne, ucciso malamente in una lotta tra clan. Il nuovo omicidio in famiglia è l’occasione per risvegliarsi dal torpore da pensionato che l’aveva ormai colto. E da questo torpore si sveglierà grazie all’alleanza temporanea, ma che poi in effetti si prolunga e diventa un’amicizia, di un personaggio assolutamente improbabile nel resto del mondo, ma che a Reggio ha un suo perché: il giovane Fortunato Amato, detto Nato.

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