Recensione: Israel J. Singer, La famiglia Karnowski

Israel Joshua Singer
LA FAMIGLIA KARNOWSKI
Edizioni Adelphi, pp. 494, € 10
Traduzione di Anna Linda Callow

Fratello del più noto Isaac Bashevis, che vinse il Nobel per la letteratura con la sua opera in lingua yiddish, Israel Joshua Singer traccia con questo romanzo la parabola migratoria di una famiglia ebrea dall’Europa di fine ottocento all’America pre bellica; dal piccolo villaggio polacco David si trasferisce con la moglie a Berlino, alla ricerca di un ebraismo più moderno, più al passo coi tempi. Lì, il figlio Georg affronta la difficoltà di inserirsi in un mondo che non lo accetta, proprio perché ebreo, a dispetto del suo sacrificio per la Germania – appena laureato David partecipa come medico alla prima guerra mondiale – e delle sue capacità di medico nella ricostruzione post bellica. Per finire abbiamo il figlio di Georg, Jegor, nato dall’unione del padre con la cristiana Teresa, sue infermiera all’ospedale dove diventa uno stimato, e ricco, medico negli anni che precedono l’avvento di Hitler. Jegor è una figura complessa, in perenne rottura con la famiglia di appartenenza, sente il fascino dal mito della razza, al quale non può ovviamente aderire.
Un romanzo appassionato e coinvolgente. Singer, che lo scrisse da rifugiato in America, trasferisce in questa storia il suo vissuto di bambino immerso nella cultura chassidica prima, e di giovane che deve fronteggiare il rampante antisemitismo della nuova Germania poi. E lo fa magnificamente, rendendo appieno il senso che l’appartenenza culturale ha per la comunità ebrea e la meschinità che invece caratterizza gli uomini dagli stivali alti, come chiama i nazisti al di qua e al di là dell’oceano.

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