Salvatore Natoli, La felicità, Feltrinelli

Salvatore Natoli,

La Felicità, Feltrinelli,

euro 7.50, pp. 251

 

Mi spiace iniziare la recensione a questo sostanzioso volume di filosofia dicendovi che se siete interessati all’argomento probabilmente non siete felici. La felicità è infatti una situazione che pone chi la vive al di fuori dell’interesse ad argomentare attorno al mondo.

La felicità, innanzitutto, è una condizione fortuita. Da qui l’equiparazione di buona sorte e felicità  che risale ai tempi antichi. Ma, dato che la felicità è cosa di natura, come tutto ciò che esiste finisce.

Capire che anche la felicità  può finire fa sì che essa cambi aspetto.

Da uno stato di grazia, perfetto ed immutabile, diviene obiettivo della vita, scopo perseguito attraverso una strategia: diviene cioè un problema etico. In altre parole si vive felici più per ciò che si è che per ciò che ci capita, badando a non estremizzare questa posizione. E’ chiaramente più difficile essere felici a pancia vuota ed in mezzo ad un’epidemia di colera, ma il fatto che nemmeno il miliardario sia sempre felice dimostra l’ininfluenza, da un punto di vista teorico, delle condizioni materiali sulla felicità. Il miliardario è tuttavia favorito nel mantenimento della condizione di vita normale.

Ovvero, dato che la felicità  è imprevedibile, occorre adattarsi a vivere parte della vita in una condizione che non è di felicità, senza per questo essere di infelicità.

 La lettura di questo libro può essere lo strumento attraverso il quale si giunge alla comprensione di comportamenti già in atto che denotano felicità perché accettano ciò che accade come parte della vita intera che, sola, può essere definita felice.

Natoli completa il testo con citazioni dotte avvalorando così la sua interpretazione della genealogia degli affetti con esempi letterari. Da Platone a Lucrezio, da Sant’Agostino a Shakespeare, Natoli rintraccia esempi di affetti che illustrano i diversi modi, tutti legittimi, in cui la felicità può essere vissuta e cercata. In una frase di Nietzsche, Natoli sintetizza la propria opinione su questo sentimento:

“Abbia ognuno la fortuna di trovare precisamente quella concezione della vita in cui può realizzare la sua più alta felicità. (…) Con tutto ciò la sua vita può sempre essere miserevole e poco invidiabile.” 

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