Alessandro Dal Lago, Il business del pensiero, Manifesto libri, pp. 144, euro 14.00
Ben vengano gli autori di pamphlet, specie se colti e sottili come l’autore di questo caustico j’accuse contro quella che è una delle mode emergenti della cultura postmoderna: la consulenza filosofica.
Per chi non fosse ferrato in materia, un breve sunto. I problemi di adattamento dell’uomo alla società sono un fenomeno abbastanza recente. Dopo alcuni tentativi di sistematizzare un approccio globale a questa sfera portati avanti nel XIX secolo, con Sig. Freud abbiamo il primo vero sistema terapeutico. Dalla morte – ma anche prima in effetti – del maestro ad oggi è stato tutto un fiorire di scuoline e scuolette di psicoterapia ciascuna attenta a porre l’accento sul punto tale che la differenziava dalla talaltra, fino a giungere alla confusione che regna sovrana sotto il nostro cielo. In mezzo a questo casino, è nata la perla destinata a portare la luce a tanti afflitti. Perché, s’è chiesto un giorno il signor Achenbach, non utilizzare la tecnica socratica della maieutica in ambito psicologico? Già, perché?
Per chi non fosse addentro ai misteri della filosofica – una filosofia da terza liceo, si badi bene – il buon Socrate prevedeva fosse possibile ricavare la verità sepolta nell’animo di ognuno attraverso il discorso. Chiunque parlasse con Socrate, dopo un lungo conversare, giungeva a scoprire verità che già possedeva, confermando la genialità di Socrate assieme alla propria pochezza. Chi esercita la consulenza filosofica fa quello che faceva Socrate, stando a quanto ci dice Dal Lago. In uno studio, professionale e molto atteggiato, il consulente filosofico accoglie una persona, vagamente indecisa, e conversandoci amabilmente la porta a scoprire il suo destino. Nel secondo capitolo di questo libello ci viene presentata un’ipotetica ‘cura filosofica’, nella quale appunto assistiamo a questa emersione dell’ignoto.
Ma, osserva giustamente Dal Lago, questo ignoto è un po’ troppo comodo per poterlo accettare così, senza proferir verbo. La vittima del consulente non scopre nulla di sé, in effetti, ma trova una forma di adattamento al sociale meno dolorosa/impegnativa possibile. L’assenza di dolore richiede però anche l’eliminazione di qualsiasi domanda impegnativa sul reale, e su questo punto c’è molto da dire.
La consulenza filosofica trova oggi il suo luogo d’elezione all’interno delle aziende, perché spinge l’individuo a trovare dentro di sé le cause dei problemi, invece di indurlo a trovare una soluzione all’esterno. In altre parole occorre accettare le imposizioni della struttura e subordinare ad esse i propri bisogni per poter sopravvivere. I consulenti filosofici sono responsabili dell’andamento delle cose dato che, con il comodo principio socratico ‘so di non sapere’ si permettono di non sapere – di fingere di non sapere – che vi sono delle condizioni oggettive che provocano l’infelicità delle persone e che poco si può fare soggettivamente per modificarle. Il pensiero filosofico entra così a piè pari nel business tradendo quella che è la sua caratteristica unica, e cioè il riferimento ad un oggetto che si pone prima di qualsiasi cosa umana pur avendo significato solo all’interno della sfera umana, quindi prima di qualsiasi interesse.
Nell’ultimo capitolo Dal Lago stigmatizza anche il tentativo di trovare antenati illustri che giustifichino le pretese della consulenza filosofica di costituire una cura al male di vivere; in particolare, il richiamo a Foucault è indebito, proprio per l’attenzione che il filosofo francese riservava alla storicità delle soluzioni via via trovate al problema. Ogni epoca cerca di imporre al soggetto delle gabbie entro cui trattenere l’io nella sua esplorazione dell’esterno, definita pericolosa proprio per il sapere che essa comporta. Dato che il sapere è sempre unito ad un potere, il soggetto che rifiuta queste gabbie è sempre stato denigrato da chi già detiene il potere, che vuole ovviamente limitare i concorrenti. La consulenza filosofica, che cerca di rendere ben visibili e non oltrepassabili le gabbie del sistema sociale al soggetto, non può proprio chiamare Foucault tra i suoi padri fondatori.
Il pamphlet di dal Lago è, come tutti i pamphlet, diretto ad un gruppo specifico di persone e non va ovviamente a toccare l’importanza della filosofia per il benessere individuale, che resta un dato di fatto vero prima di qualsiasi manipolazione commerciale possa essere fatta da chi vede il pensiero solo come un mezzo, tra i tanti, per fare soldi.