Stefan Zweig, Gli occhi dell’eterno fratello, Melangolo

Stefan Zweig, Gli occhi dell’eterno fratello
Melangolo, pp. 71, euro 10
Traduzione Anita Rho

Il nobile Virata, ‘il lampo della spada’, che viveva nel paese dei Birwagh presso il re Rajputas, è il protagonista di questo racconto. L’eterno fratello del titolo non è riferito all’orrendo quasi omonimo televisivo,ma a Belangur, il reale fratello di Virata che costui, inconsapevole, uccide in battaglia. Da questo fatto di sangue Virata trae l’insegnamento dell’insensatezza della violenza e decide di conseguenza. Grazie alla protezione del re, affronterà una serie di trasformazioni di status – giudice, borghese, anacoreta, guardiano di cani – attraverso le quali il lettore è condotto, negli intenti dell’autore, a verificare con mano le difficoltà della vita.

Poche pagine, sunto veloce. Ciò che più conta però, è collocare il questo ottimo libro nella storia. Esso infatti risale al 1922, l’anno in cui venne pubblicato il più noto Siddartha. Le tematiche trattate sono simili, simile è l’influsso della filosofia orientale anche se diverso è l’esito; ed è proprio questo il motivo del minor successo presso il pubblico dei due libri.

Alla fine Siddartha trova un senso, anche se il suo amico e servitore Govinda non riesce a capirlo; il senso che Virata troverà alla fine resta non comunicato perché incomunicabile e non è questo che il pubblico si aspetta da un libro. Siddartha può essere letto da tutti i ragazzi perché non presenta niente come irrimediabile, tutto è sperimentabile ed il senso sembra emergere naturalmente e senza violenza dallo stato delle cose. E’ la conferma della visione che gli occidentali benestanti hanno della filosofia orientale. In Zweig invece ogni scelta ha conseguenze imprevedibili e pericolose, che ricadono necessariamente sull’individuo responsabile, che non si limita ad accettare l’usuale andamento delle cose. Solo dalla presa in carico della direzione della propria vita, nel bene e nel male, in ricchezza e, soprattutto, povertà, Virata ottiene quella che è oggi banalmente chiamata ‘illuminazione’.

Non sotto lo schermo del grande fratello, ma sotto gli occhi dell’Eterno Fratello.

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