Recensione: M. Cosentino e D. Dodaro, Madame Vitti

Marco Cosentino, Domenico Dodaro
MADAME VITTI
Edizioni Sellerio, pp. 515, € 17

Maria Caira lascia la ciociaria nel 1888 con poco oltre ai vestiti che ha addosso e approda nella Parigi che sta dando voce alla nuova pittura impressionista. In venticinque anni, insieme al marito Cesare Vitti, riuscirà a creare, gestire e rendere fruttuosa la prima scuola femminile di pittura di Parigi. Per le aule della sua impresa, in rue Montparnasse, passeranno i grandi nomi dell’impressionismo di quegli anni; tra tutti Gauguin, prima della sua fuga a Tahiti. Libro quindi di estremo interesse storico, anche perché i nostri, contrariamente al precedente I fantasmi dell’impero, affermano che la maggior parte dei fatti è basata su una precisa testimonianza scritta. Il romanzo non si limita però a una semplice descrizione dei fatti; per rendersi interessante è necessario introdurre nei personaggi una componente di volizione che li renda credibili e umani. E così Maria Caira apre la scuola con il nome del marito per scavalcare i limiti cui dovevano sottostare le donne dell’epoca; le due sorelle minori di Maria, Annette e Giacinta, crescono e attirano su di sé gli sguardi dei maschi e la loro vita sarà un costante gioco d’equilibrio tra il cedere al desiderio altrui e il tentativo d’affermare il proprio. In una vita completamente diversa rispetto a quella che l’aspettava nelle aride campagne di Frosinone, Maria diventa protagonista della Parigi dell’epoca. A merito degli autori, la capacità di rendere l’umiltà unita all’orgoglio di una donna che partita dal nulla si afferma mano a mano, unicamente grazie al proprio lavoro.

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