Recensione: Percival Everett, Cancellazione

In occasione dell’uscita nelle sale e in streaming del film American Fiction di Cord Jefferson, riproponiamo la recensione di Cancellazione, il romanzo di Percival Everett da cui è stato tratto: uscito per Instar nel lontano 2007 (in America nel 2001), è stato il primo libro tradotto, forse il migliore, di uno scrittore che è diventato negli anni uno dei “preferiti” della nostra libreria.

Percival Everett
CANCELLAZIONE
Edizioni La nave di Teseo, pp. 407, € 22
Traduzione di Marco Bosonetto

Thelonious Ellison, Monk per gli intimi, è un intellettuale che insegna e scrive romanzi; poi è anche nero, americano e molto colto. L’attività di scrittore, benché prolifica, non riscuote successo (commerciale, l’unico che conti). Monk ha un fratello, gay, una sorella, medico abortista, e una vecchia madre che vive con la domestica; il padre è morto da molto. È evidente che siamo in una famiglia specifica, che non rientra nei canoni della felicità da telefilm, ma che ci viene descritta con parole pacate e ragionevoli.
L’ennesimo romanzo rifiutato però, fa scattare qualcosa nella testa di Monk. Si mette a tavolino e, in dieci capitoli, butta giù una storiaccia pulp (titolata in prima battuta Sabato Patologico) scritta con i più triti luoghi comuni del genere. C’è il nero violento ed emarginato, la sua famiglia disgregata, la perdita del lavoro, la violenza inaspettata e subito repressa dalla polizia. Niente di più banale poteva uscire dalla penna d’uno scrittore. Il libro viene inviato anonimo dal suo agente e la Randhom House offre 600.000 $ per il manoscritto.
Nessuna major dell’editoria offrirebbe tutti questi soldi per un libro come Cancellazione, mentre li offrirebbero per un libro del genere, un libro che incontri il gusto di tutti, un libro il cui standard di qualità sia quindi una specie di minimo comune denominatore, un libro che nel suo anno di vita in edizione rilegata possa vendere 100.000 copie: invece la vita di Monk, che viene raccontata in cancellazione, non è tanto generica da poter piacere a tutti. Infatti, man mano che passano le pagine, succedono delle cose che la spingono fuori dai binari abituali, seguendo le specificità dei suoi personaggi, rendendoli così reali. A questo si aggiunga il fatto che Monk intercala alle vicende della sua famiglia spezzoni di libri inventati, dialoghi immaginari tra personaggi famosi e, last but not least, le azioni dello scrittore fittizio che ha inventato come responsabile Stato Patologgico, Stagg.
La cancellazione del titolo è relativa all’opera d’arte che realizzata secondo le richieste del mercato elimina la sua stessa possibilità d’essere reale. Eppure, proprio dalla negazione della possibilità dell’arte emerge la richiesta d’arte del pubblico, richiesta che non potrà quindi essere soddisfatta dal mercato. Questo libro è un capolavoro proprio perché Everett usa la non arte (il romanzo buono per tutti con un minimo comune denominatore) come scusa attorno alla quale creare un’opera d’arte. Il problema, che è tale solo per le vendite, è che su questa storia non è possibile schierarsi genericamente pro o contro.
Sempre per le vendite, questo libro può solo piacere o restare invisibile, che equivale ad essere cancellato.

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