Recensione: F. Nury e Brüno, L’uomo che uccise Chris Kyle

Fabien Nury e Brüno
L’UOMO CHE UCCISE CHRIS KYLE
Edizioni L’ippocampo, pp. 158, € 19,90
Traduzione di Fabrizio Ascari

Chris Kyle è l’eroe americano, quasi uno stereotipo da film ma vero. Ha partecipato alla guerra dell’America in Iraq nel ruolo di sniper, tiratore scelto, riuscendo a uccidere in quattro missioni circa 250 persone. Alla sua morte, avvenuta per mano di un commilitone con problemi psichiatrici, l’America, una certa parte dell’America, ha vissuto un lutto collettivo. La cerimonia del funerale è stata trasmessa in diretta, con la presenza dei più alti funzionari e il suo corteo funebre è sfilato per 320 km con le persone che facevano ala al suo passaggio. Benché a seguito della morte fosse seguìto un caso mediatico, con pubblicazione di libri e film agiografico, io ero rimasto bellamente all’oscuro di tutto ciò, non condividendo ovviamente l’ideologia che sta dietro all’uso delle armi come unico metodo per risolvere le questioni. Confesso però che questo bell’albo pone la questione sotto una luce un po’ più complessa. In sintesi il problema è questo: è lecito rifiutare l’uso delle armi se da tale uso deriva la salvezza delle persone cui tieni? Prima di rispondere a questa domanda – molto attuale – occorre riuscire a escludere ogni considerazione circa il clima culturale che si genera accettando l’esistenza delle armi, che non è sicuramente il clima in cui l’europeo medio è abituato a vivere. Fatta questa messa tra parentesi, il tutto assume un aspetto differente. Le interviste alla Fox rilasciate dalla moglie dopo la morte del marito, le ostilità tra esponenti di spicco di questa cultura machista di stampo tutto americano, le parole di stima delle persone che hanno conosciuto Kyle: tutto, grazie alla sapiente miscela di testo e immagini che i due bravissimi autori ci danno, concorre a creare attorno ai fatti descritti un’aura di legittimità. E quando una cosa diventa legittima per un grande numero di persone, anche chi non condivide la prospettiva da cui guardare i fatti deve porsi delle domande.

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