Recensione: Scott Spencer, Un oceano senza sponde

Scott Spencer
UN OCEANO SENZA SPONDE
Edizioni Sellerio, pp. 350, € 17
Traduzione di Assunta Martinese

Terzo romanzo tradotto di questo autore americano – che in patria vanta undici titoli editi – e terzo incontro con l’ossessione amorosa come tema portante; ovvia la curiosità di scoprire se anche negli altri il tema si ripropone. Dopo Un amore senza fine e Una nave di carta, in questo romanzo a essere ossessionato dall’amore è Kip. Kip è un operatore finanziario molto abile, molto quotato e quindi moderatamente ricco; la società per cui lavora se lo tiene stretto. Benché il romanzo sia ambientato all’inizio del 2000, Kip ha un segreto che non vuole rivelare a nessuno: è omosessuale. Ad aggravare la sua timidezza c’è il fatto che il suo unico amore è Thaddeus, amico d’infanzia e sceneggiatore quasi fallito che lui ripetutamente aiuta, sia con un supporto emotivo sia, sopratutto, finanziario. E quando una sera Thaddeus lo chiama chiedendo un ulteriore sostegno, Kip metterà in moto una complessa ma delicata trama che lo porterà a risolvere questo sentimento. Tra le rigide leggi americane sull’insider trading, le difficoltà individuali a vivere un orientamento sessuale non approvato nell’ambiente di lavoro e una scrittura sempre dettagliata ma mai noiosa, Spencer descrive bene il senso d’isolamento e la mancanza di un approdo visibile che vive l’innamorato non corrisposto e troppo pavido per porre un aut aut al proprio oggetto d’amore. È come navigare in un oceano senza sponde.

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